Carlo VIII di Francia
Carlo VIII di Francia | |
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Ritratto di Carlo VIII di Valois, anonimo di scuola francese, olio su tavola, Reggia di Versailles | |
Re di Francia | |
In carica | 30 agosto 1483 – 7 aprile 1498 (14 anni e 220 giorni) |
Incoronazione | Cattedrale di Reims, 30 maggio 1484 |
Predecessore | Luigi XI |
Successore | Luigi XII |
Re di Napoli come Carlo IV | |
In carica | 22 febbraio 1495 – 6 luglio 1495 |
Predecessore | Ferdinando II |
Successore | Ferdinando II |
Altri titoli | Delfino del Viennois (1470-1483) |
Nascita | Castello di Amboise, 30 giugno 1470 |
Morte | Castello di Amboise, 7 aprile 1498 (27 anni) |
Luogo di sepoltura | Necropoli reale della basilica di Saint-Denis |
Casa reale | Valois |
Dinastia | Capetingi |
Padre | Luigi XI di Francia |
Madre | Carlotta di Savoia |
Consorte | Anna di Bretagna |
Figli | Carlo Orlando Carlo Francesco Anna |
Religione | Cattolicesimo |
Firma |
Carlo VIII di Valois, detto l'Affabile[1] (Amboise, 30 giugno 1470 – Amboise, 7 aprile 1498), è stato re di Francia dal 1483 al 1498 e brevemente re di Napoli, come Carlo IV, nel 1495.
La sua fallimentare discesa in Italia nel 1494, in passato conosciuta come "la calata di Carlo", inaugurò le cosiddette guerre d'Italia (definite "horribili" da Francesco Guicciardini): una lunga serie di otto conflitti con cui le grandi potenze europee si disputarono il controllo della penisola, terminata solo nel 1559 con la pace di Cateau-Cambrésis, che mutò profondamente la geografia politica dell'Italia.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]I primi anni e la politica interna
[modifica | modifica wikitesto]Carlo VIII nacque in Francia, ad Amboise. Quando il 30 agosto 1483 il re Luigi XI morì, essendo l'unico dei suoi figli maschi ancora in vita, ne ereditò il trono.
Ambizioso, di salute cagionevole,[2] considerato dai contemporanei di indole gradevole, ma privo di grande intelligenza politica e non adatto agli affari di Stato, dai tredici ai ventuno anni Carlo governò sotto la reggenza della sorella maggiore, la principessa Anna di Beaujeu, e del marito di lei, il cognato Piero di Borbone.
L'azione politica di Carlo fu anzitutto tesa a consolidare ed estendere il territorio del regno. Ottenne per vie diverse l'annessione degli ultimi due grandi ducati che godevano ancora di una forte autonomia rispetto alla corona francese: il Ducato di Angiò (comprendente l'Angiò e la Provenza), tramite un complesso meccanismo ereditario, e il Ducato di Bretagna, tramite il matrimonio, celebrato il 6 dicembre 1491, con l'erede, la duchessa Anna di Bretagna, in un'elaborata cerimonia a Château Langeais[3]. Con il matrimonio Carlo VIII si liberò quindi della reggenza della sorella e dell'influenza dei parenti: da allora poté gestire gli affari di Stato secondo le sue intenzioni.
A corte ci fu anche una vivace vita culturale: tra i poeti spicca la figura dell'umanista italiano Publio Fausto Andrelini. Con il trattato di Étaples del 1492 e con quello di Barcellona del 1493 Carlo normalizzò i rapporti con Inghilterra e Regno di Aragona, sebbene al prezzo di onerose concessioni. Sempre nel 1493, con il trattato di Senlis, pose fine alla guerra con il Sacro Romano Impero per la successione al trono di Borgogna, riuscendo a mantenerlo al prezzo della rinuncia alla Franca Contea, all'Artois e a parte delle Fiandre, ed annettendolo definitivamente nel 1497.
La marcia su Napoli
[modifica | modifica wikitesto]Pacificati i rapporti con le potenze europee, Carlo, che vantava attraverso la nonna paterna Maria d'Angiò (1404-1463) un lontano diritto ereditario alla corona del Regno di Napoli, indirizzò le risorse della Francia verso la riconquista di quel reame. Ad incoraggiarlo nell'impresa fu soprattutto Ludovico Sforza, detto Il Moro (che ancora non era duca di Milano, ma ne era solo reggente), intenzionato a vendicarsi di Alfonso II, suo cognato e re di Napoli che, appena salito al trono, gli aveva dichiarato guerra, invadendo come primo atto ostile la città di Bari, di cui Ludovico era duca. Anche i suoi consiglieri, Guillaume Briçonnet ed Étienne de Vesc, lo sollecitarono fortemente all'impresa.
La riconquista del sud della Penisola, già governato dalla casata degli Angioini durante il XIII secolo, non comprendeva, nei progetti, anche la Sicilia. Quest'ultima circostanza depone a favore della tesi secondo la quale Carlo VIII non intendeva accrescere semplicemente i domini della sua casata, ambizione comune a molte case regnanti di area mitteleuropea o anglosassone, ma farne piuttosto la base di partenza per quelle Crociate la cui eco era rinvigorita dalla cacciata degli Arabi dall'ultimo loro possedimento in terra spagnola, il Regno di Granada (1492), avvenuta proprio in quegli anni. Il progetto politico della Res Publica Christiana Pro Recuperanda Terra Sancta aveva ancora presa nelle classi dirigenti europee, nonostante la fine rovinosa cui erano andati incontro tanto i fautori di quel progetto, quanto coloro che avevano inteso realizzarlo ben prima, intorno alla metà del Duecento.
Carlo scese in Italia il 3 settembre 1494 con un esercito di circa 30 000 effettivi, dei quali 8 000 erano mercenari svizzeri, dotato di un'artiglieria leggera moderna, accolto festosamente dai duchi di Savoia. Il suo esercito si accampò ad Asti, dove Carlo VIII ricevette l'omaggio dei suoi sostenitori: Margarita de' Solari, fanciulla di undici anni (nel 1495 gli dedicò Les Louanges du Mariage), alloggiando Carlo nel palazzo del padre in Asti, ne ascoltò le lodi, il cardinale Giuliano della Rovere, Ludovico Sforza con la moglie Beatrice d'Este ed Ercole d'Este, duca di Ferrara. A Pavia conobbe Gian Galeazzo Sforza e la moglie, Isabella d'Aragona. Isabella ne approfittò per scongiurarlo di proteggere la sua famiglia dalle mire di Ludovico Sforza. Tuttavia, un mese dopo questo incontro, il marito Gian Galeazzo Sforza morì, probabilmente avvelenato, e Ludovico il Moro divenne signore di Milano con il benestare dei francesi.
Carlo, dapprima intenzionato a percorrere la via Emilia fino alla Romagna, ne venne dissuaso dagli atteggiamenti bellicosi di Caterina Sforza, signora di Forlì e Imola. Così, dopo una tappa a Piacenza, si diresse verso Firenze. La città era tradizionalmente filofrancese, ma la politica incerta del suo signore, Piero di Lorenzo de' Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico, l'aveva schierata in difesa degli Aragonesi di Napoli. Il pericolo incombente dei saccheggi e delle violenze dell'esercito francese (enfatizzato da una violenta predica di Girolamo Savonarola) accentuò il rancore della maggior parte dei cittadini contro i Medici.
Carlo VIII entrò il 29 ottobre a Fivizzano, saccheggiandola, e pose l'assedio alla rocca di Sarzanello, chiedendo che gli fosse lasciato il passo per Firenze. Piero, mutato consiglio, all'insaputa della città, gli concesse più di quanto chiedesse: le fortezze di Sarzanello, di Sarzana e di Pietrasanta, le città di Pisa e di Livorno e il via libera per Firenze.
Tornato a Firenze l'8 novembre, Piero fu immediatamente cacciato dai fiorentini che, considerato il suo atteggiamento vile e servile, proclamarono la Repubblica. Allo stesso tempo i fiorentini agevolarono l'invasione di Carlo VIII, ritenuto restauratore della loro libertà e riformatore della Chiesa, il cui papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia) era considerato indegno dal Savonarola e da larga parte dei cattolici.
Carlo VIII però, timoroso di inimicarsi le potenze europee, non intendeva deporre il Borgia dal papato. Marciò verso Roma e prese dapprima Civitavecchia. Il 31 dicembre 1494, approfittando di una coincidenza fortunata, ottenne dal papa l'ingresso pacifico nella Città Eterna[4]. L'accordo non risparmiò Roma dai saccheggi delle truppe francesi. Per evitare l'ulteriore permanenza in città, il 6 gennaio 1495 Alessandro VI accolse Carlo VIII e ne autorizzò il passaggio negli Stati pontifici verso Napoli, affiancandogli come cardinale legato il figlio Cesare Borgia.
Carlo VIII assediò Tuscania, presso Viterbo, distruggendone due terzieri e uccidendone 800 abitanti, ed espugnò poi il castello di Monte San Giovanni Campano (all'epoca Monte San Giovanni), trucidando 700 abitanti; il re in persona guidò l'assalto alla fortezza.
Il 22 febbraio occupò Napoli praticamente senza combattere: il re Ferdinando II, detto Ferrandino, era già fuggito con tutta la corte in vista di una futura resistenza. Incoronato re di Napoli, vi stette fino a maggio, quando il popolo e le armate napoletane, al grido di "ferro! ferro!", nuovamente rinvigorite sotto le insegne aragonesi del giovane re Ferrandino, riuscirono a scacciare i francesi dal Regno.
La rapidità e la facilità con cui Carlo VIII aveva raggiunto Napoli, e la posizione di dominio in Europa che gli derivava dall'unione delle corone di Francia e di Napoli, suscitarono la formazione di una Lega antifrancese, composta da Venezia, Impero, Papato, Milano e Spagna. Carlo VIII comprese quindi che era tempo di ripiegare in Francia e cercò di valicare l'Appennino; il 6 luglio 1495 trovò però l'esercito della lega degli stati italiani a sbarrargli la strada nella battaglia di Fornovo. Carlo ne uscì sconfitto, ma riuscì a riparare in Francia, come era suo scopo.
I suoi atti sono ricordati da letterati italiani come Giorgio Summaripa[5] ed anche nel romanzo storico di Luigi Gramegna, La sibilla del re.
Il ritorno in Francia e la morte
[modifica | modifica wikitesto]Negli anni successivi Carlo VIII tentò di ricostituire il suo esercito, ma senza successo, a causa dei grandi debiti contratti per la spedizione precedente.
Morì a 27 anni, il 7 aprile 1498, per un incidente nel castello di Amboise: batté la testa contro l'architrave in pietra di una porta, mentre, a cavallo, si recava ad assistere a una gara di jeu de paume; nel giro di due ore entrò in coma e morì per emorragia cerebrale[6].
«Stando el Re Carlo Re de Franza su una fenestra a veder a giostrar, a' 6 d'Avril, ghe è vegnù un accidente, per el qual l'è cascà in terra; e levado, l'é cascà la segonda volta; e messo in leto, ai 7, levado per so necessità, è cascado in sincope; e remesso in leto, è passà a mior vita; e Lodovico d'Orliens è fatto Re, con satisfattion de tutto ' l Regno;»
Carlo VIII fu l'ultimo esponente del ramo regale della dinastia Valois, detto "dei Valois diretti". Alla sua morte il trono passò al cugino, il Duca d'Orléans Luigi II di Valois-Orléans, che regnò come Luigi XII di Francia. Al suo successore Carlo VIII lasciò in eredità una Francia immersa nei debiti e nel disordine, risultato di un'ambizione definibile, nella forma più benevola, irrealistica. Eppure la sua spedizione ebbe anche risvolti positivi, portando contatti tra gli umanisti italiani e francesi, dando vigore alle arti ed alle lettere francesi nel tardo Rinascimento.
Aspetto e personalità
[modifica | modifica wikitesto]Carlo era un uomo di bassissima statura e di salute malferma, descritto come mostruoso dagli italiani, tanto che Jacopo d'Atri si sentì in dovere di comunicare alla marchesa Isabella d'Este che il re "non è così deforme come nostri il fanno"[8]. Aveva la testa grossa, gambe corte e storte, sei dita per piede [9] ; inoltre era afflitto da un persistente tremore nelle mani. Secondo il cronista Marin Sanudo, non indossava l'elmo poiché la sua debole complessione non glielo permetteva. I contemporanei concordavano nel dire che l'unica sua bellezza fosse lo sguardo, nella quale si trovava una certa nobiltà.[10]
«Tutte infatti le migliori fonti contemporanee sono unanimi nel notare la bruttezza di Carlo. Era piccolo e rachitico, aveva testa grossa, naso grande, gambe stecchite, occhi bianchi e miopi, in cui alcuni trovavano della dignità, labbra grosse e quasi sempre aperte. Parlava poco, poiché aveva difficoltà nello esprimersi. Lo stesso Brantùme, che era pure suo ammiratore, osserva: « Petit, l'appelle-je, comme plusieurs de son temps et après, par une certaine habitude de parler, l'ont appelé tel, à cause de sa petite stature et débile complexion , mais trés grand de courage, d'àme, de vertu et de valeur ». Infatti Carlo petito lo chiama il Pistoia nel son. 320 dell' apografo Trivulziano.»
L'ambasciatore veneziano Zaccaria Contarini così lo descrive nel 1492:[11][12]
«La maestà del re di Francia è di età di ventidue anni, piccolo e mal composto della persona, brutto di volto che ha gli occhi grossi e bianchi, e molto più atti a vedere poco che assai, il naso aquilino similmente grande e grosso molto più del dovere, i labri etiam grossi, i quali continuamente tiene aperti, ed ha alcuni movimenti di mano spasmosi che paiono molto brutti a vederli, et est tardus in locutione [lento a parlare]. Secondo la opinione mia, la quale potria essere molto ben falsa, io tengo per fermo quo de corpore et de ingenio parum valga [che di corpo e di intelletto valga poco]; tamen è laudato da tutti in Parigi per gagliardissimo a giocar a palla, in caccia e alla giostra, nei quali esercizi vel bene vel male mette e distribuisce tempo assai.»
Era giudicato ambizioso e fanatico, ammiratore degli antichi paladini del ciclo carolingio a tal punto da volerli imitare con la sua impresa in Italia.[13] Era soprannominato l'Affabile o il Cortese per la sua cordialità nel disporsi con tutti.[1] In questi termini ne parla infatti la duchessa Beatrice d'Este alla sorella Isabella:[14]
«Circa el mezo dì [re Carlo] se ne vene multo domesticamente cum li primi de la corte sua, et stete per spacio de circa tre hore cum me et cum le done mie, cum tanta familiarità et amorevoleza, che magiore non se porria [potrebbe] desiderare in principe del mundo. Volse vedere balare de le done mie et poi me, et se ne prese singulare ricreatione»
Lo storico Filippo di Comines ne disse: "non ci fu mai un uomo così meschino di corpo e poco intelligente come il re, ma non era possibile trovare al mondo creatura più buona di lui", in relazione al fatto che, a parer suo, Carlo si fosse consolato presto della morte dell'unico figlio maschio, Carlo Orlando, avendo il sospetto che il bambino, ardito e coraggioso già all'età di tre anni, "continuando in quell'inclinazione avrebbe finito per togliergli autorità e potenza".[15]
La passione per le donne
[modifica | modifica wikitesto]Carlo era un impenitente donnaiolo, anzi nutriva per le donne una vera e propria ossessione: scrive il cronista Girolamo Priuli che, nel tornare in Francia nel 1495, Carlo era stato assalito dal "mal di costa" a causa dell'eccessivo coito praticato in Italia; e aggiunge che era annoverato fra i più lascivi uomini di Francia, che "quando havea usato cum una, piuj di quela non si curava", e che sebbene badasse a non toccare le mogli altrui, qualche volta aveva "usato etiam tyrania di prender le vergine et le moglier de alttri, quanto la belleza li delectava".[16] Egli insomma "apparirà un mostro" non solo per il suo aspetto fisico, ma "anche per questa sua incontenibile sessuomania".[17]
Marin Sanudo ne dice: "Secondo la consuetudine de Franzesi de voler sopra tutto star a piacer con donne, et el suo clima a Venere è molto dato, cussì questo Re seguiva assà li so piaceri, sì per essere in una età atta a questo, quam perché soa natura cussì richiedeva. Et varie sorte de donne qui in Italia provò, le qual li era portate per li soi Franzesi".[18]
Per questa ragione la duchessa Beatrice d'Este, nel venire a rendergli omaggio ad Asti, condusse con sé le ottanta più belle dame di Milano, che egli volle baciare tutte quante sulla bocca secondo l'usanza francese, compresa la duchessa e la giovanissima Bianca Giovanna Sforza, figlia di Ludovico il Moro. Con alcune di quelle dame il re prese poi piacere, offrendo loro in cambio degli anelli d'oro.[21] Al contempo si dilettò di vedere danzare la stessa Beatrice e di farle provare una ventina di abiti, alfine di scegliere quale avrebbe indossato nel ritratto che le aveva richiesto, con il pretesto di mostrare alla moglie Anna l'abbigliamento della duchessa.[22] Il Moro scrisse a Caterina Gonzaga, nobile cortigiana romagnola, per farla venire d'urgenza ad Asti a soddisfare il re dietro ricchissimo compenso, ma pare che la donna avesse rifiutato d'andare perché innamorata di Ferrandino d'Aragona.[23]
Negli stessi giorni il marchese Guglielmo IX di Monferrato invitò il re a Casale da sua madre Maria, che Carlo desiderava sommamente conoscere poiché, sebbene fosse stata sposata a un vecchio, era ancora giovane e aveva fama di essere bellissima.[24] A Napoli egli fu pazzo d'amore per Eleonora Piccolomini d'Aragona, meglio nota come Eleonora Marzano, figlia del defunto duca di Amalfi, spinta dalla madre Maria Marzano d'Aragona a prostituirglisi onde riottenere la Contea di Celano; ed ebbe al contempo per favorita una Gonzaga che incontrò a Guastalla, la quale si ipotizza essere la stessa Caterina che aveva inizialmente rifiutato l'offerta del Moro. Così risulta dal cronista Marin Sanudo e da una relazione degli ambasciatori veneti del maggio 1495:[25]
«Il re continuo zuogava su una sala con uno suo muleto et li correva drio, et con una soa favorita, Lionora di la duchessa di Malfi, la qual molto amava, etiam un'altra tolta a Guastalla»
«Et intrato che 'l fo qui in Napoli, accadete che se inamorò in una madona Lionora da Marzano, fia della duchessa di Malfi, orfana [...] la madre la menò in castello dal Re, vestita d'oro [...] et pregò Soa Majestà non li volesse tuorli el suo stato [...]. Unde el Re, vedendola sì bella, fo contento di lassarli ditto contado [...]. Et era tanto el ben che li voleva, che ogni zorno voleva ditta madona Lionora venisse in Castello, et per Napoli era chiamata soa favorita. Ma poi el Re li venne fantasia di mandar per la sua altra, la qual tolse a Guastalla in Parmesana [...] et era come intesi dil parentà di quei di Gonzaga [...]. et d'indi ditta madona Lionora non frequentava il venir cussì spesso in Castello, pur veniva a le fiate [...]»
Durante la battaglia di Fornovo gli fu sottratto un album contenente i ritratti licenziosi di tutte le amanti che aveva avuto in Italia, per riottenere il quale Carlo pregò lungamente il marchese Francesco II Gonzaga, che l'aveva inviato alla moglie a Mantova.[26] Si trattava, come pare, di ritratti di donne nude diverse per città e per età, sebbene le fonti non siano concordi nel giudicare se si trattasse di amanti consenzienti o di giovani violentate, come lo furono molte.[27] Ancora il 6 ottobre, al termine della sua fallimentare spedizione e nel corso delle trattative per la Pace di Vercelli, non smetteva di pensare alle donne: avendo ricevuto la visita di alcuni cantori mantovani, li interrogò sulle fattezze della marchesa Isabella d'Este, sul suo carattere e sul suo modo di vestire, volendo anche sapere come fosse a paragone con la sorella Beatrice:[8][10]
«Essendo Don Bernardino da Urbino capellano andato cum li altri cantori per darli piacere, sua Maestà [...] lo incomenzò a interrogare de l'esser de V. Ex, de la età, grandeza et dispositione vostra, poi delli lineamenti del volto et la bona gratia (ultra la belleza) che più importa, poi como eravate ad comparatione de M.na Duchessa de Milano vostra sorella, dove essendoli risposto per esso Don Bernardino accomodatamente et per la verità che la superavate, ne fece una festa mirabile, et allegrosse che non foste più grande, essendo anche sua M.tà di quella sorte. Volse intendere insino alle fogie et vestimenti et poi minutamente delle virtù, e al sentir le lodi che venivano fatte la M.tà sua restava stupefacto et inamorato.»
A Carlo insomma piacevano le donne basse poiché anch'egli era basso. Jacopo d'Atri comunicò alla marchesa il proprio sospetto che il re sarebbe venuto a Mantova per baciarla "mille volte", tuttavia l'incontro non avvenne mai, poiché poco dopo egli tornò in Francia.[8] Si è anche notato che Carlo apprezzava soprattutto quelle donne che mostravano competenze prettamente maschili, come nell'equitazione: così Eleonora Marzano, sua favorita, era elogiata per la sua abilità nel cavalcare, mentre Beatrice d'Este colpì i francesi perché stava in sella a un corsiero come un uomo, cioè a cavalcioni.[27] Si è però altrettanto notato che questa insistenza francese sui lati mascolini delle donne italiane corrisponde a una generale denigrazione della virilità dei loro uomini, considerati imbelli poiché non si opposero inizialmente all'invasione. Dice il Comines che i francesi "a malapena pensavamo che gli italiani fossero uomini". Le donne costituirono parte della conquista, e diversi studi sono stati condotti sulla concezione che i francesi avevano di loro. Sempre il Comines disse che "tutto il trionfo di qui non fu che nelle donne".[27]
Nel manoscritto Les dictz des femmes de diverses nations è contenuta una miniatura della "duchesse de Bar", l'unica donna della rassegna ad avere un'identità concreta, accompagnata da una didascalia in rima: "Per portamento fiero e volto allegro / Costume sontuoso nel nuovo stile / Per gentile benvenuto e scelta bellezza / Non c'è nessuno nella memoria / che abbia mai così tanto compiaciuto Carlo il re di Francia."[28] Riferendosi alle sontuose accoglienze milanesi ad Asti e alla sua effettiva esuberanza nel vestire, che tanto colpì i visitatori francesi, lo storico René Maulde-La-Clavière identificò questa donna nella duchessa di Bari, ossia in Beatrice d'Este.[29] In effetti il marito Ludovico era anche detto "duc de Bar" in francese,[30] e Carlo stesso si rivolgeva a lui con questo titolo: "notre trés cher et trés amé cousin, le seigneur Ludovic, duc de Bar".[31] L'ipotesi sarebbe confermata dal fatto che Luigi d'Orléans chiamasse inequivocabilmente Beatrice "la duchesse de Bar".[32] La miniatura mostra una giovane donna in sella a un mulo, con un vistoso cappello piumato, un vestito a righe orizzontali, una bacchetta in mano e un pugnaletto cinto al fianco.[33] Non si direbbe tuttavia un ritratto di Beatrice, né questa fu peraltro mai amante del re, perciò i versi sarebbero da intendersi solo in relazione alle accoglienze galanti, e non dedicati a una "amante" del re, come supposto da alcuni. Altri storici hanno identificato questa donna con l'allora duchessa di Bar, Filippa di Gueldres (1467–1547), la quale morì però da monaca e in odore di santità, e neppure in questo caso risulta che sia mai stata amante di Carlo.[27]
Discendenza
[modifica | modifica wikitesto]Da Anna di Bretagna Carlo ebbe quattro figli, morti tutti bambini:
- Carlo Orlando (10 ottobre 1492 - 6 dicembre 1495)
- Carlo (8 settembre 1496 - 2 ottobre 1496)
- Francesco (1497-1498)
- Anna (1498-1499)
Ascendenza
[modifica | modifica wikitesto]Onorificenze
[modifica | modifica wikitesto]Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ a b Il costume antico e moderno o storia del governo, della milizia, della religione, delle arti scienze ed usanze di tutti i popoli antichi e moderni Volume 6, Parte 2 Di Giulio Ferrario, 1830, p.95.
- ^ Tra l'altro Carlo aveva una malformazione ai piedi (sei dita ciascuno anziché cinque) e per nascondere questa sua malformazione inventò le scarpe "a becco d'anatra".
- ^ La quindicenne duchessa Anna, infelice dell'arrangiamento politico dell'unione, arrivò al matrimonio con il suo entourage, che trasportava due letti. Dopo il matrimonio visse a Clos Lucé, ad Amboise.
- ^ L'amante del papa, Giulia Farnese, moglie del suo alleato Orsino Orsini, e la suocera, Adriana Mila, in viaggio da Bassanello verso il Vaticano, caddero in mano dei soldati francesi. Carlo le usò come merce di scambio: le donne vennero liberate nel giro di un mese e l'esercito francese entrò sfilando in Roma.
- ^ Giorgio Summaripa, Processo contro il re di Francia, Venezia, Cristoforo De Bottis, 1495. URL consultato il 22 aprile 2015.
- ^ (EN) Heiner Gillmeister, Tennis: A Cultural History, Londra, Leicester University Press, 1998, p. 21, ISBN 978-0-7185-0147-1.
- ^ Malipiero, p. 500.
- ^ a b c La galleria dei Gonzaga, venduta all'Inghilterra nel 1627-28: documenti degli archivi di Mantova e Londra, Alessandro Luzio Cogliati, 1913, p. 223.
- ^ https://www.curioctopus.it/read/11867/belle-e-dannate:-ecco-la-moda-medievale-delle-scarpe-piu-lunghe-che-la-chiesa-condanno
- ^ a b Luzio e Renier, p. 116.
- ^ Lezioni di letteratura italiana, dettate nell'Università di Napoli, Volume 2, Luigi Settembrini, 1868, p. 16.
- ^ Della diplomazia italiana, dal secolo XIII al XVI, Alfred Reumont · 1857, pp. 81-82.
- ^ Bernardino Zambotti, Diario Ferrarese dall'anno 1476 sino al 1504, in Giuseppe Pardi (a cura di), Rerum italicarum scriptores, p. XXXIV
- ^ Luisa Giordano, Beatrice d'Este (1475-1497), vol. 2, ETS, 2008, p. 57, ISBN 9788846720573.
- ^ Filippo di Commynes, Memorie, traduzione di Maria Clotilde Daviso di Charvensod, Giulio Einaudi, 1960, p. 520.
- ^ Girolamo Piruli, Diarii, collana RERUM ITALICARUM SCRIPTORES RACCOLTA DEGLI STORICI ITALIANI dal cinquecento al millecinquecento ORDINATA DA L. A. MURATORI, vol. 1, p. 40.
- ^ Biblioteca dell'Umanesimo e del Rinascimento: Opere e Documenti, Volume 44, Librairie Droz, 1982, 1941, p. 571.
- ^ Sanudo, p. 261.
- ^ Maulde, p. 77.
- ^ «Si femme au monde a le cueur franc et gay, Je mylannoise en ce cas le bruyt ay, Plus que nulle autre a mon amy privée, Mais le jaloux me tient tant en abay, Que des François l'actente en est grevée.»
- ^ Malaguzzi Valeri, p. 48 e 564.
- ^ Alessandro Luzio, Isabella d'Este e i Borgia, p. 485.
- ^ Rubiconia Accademia dei Filopatridi, Savignano, Quaderno, Volumi 1-5, pp. 35-36.
- ^ Sanudo, p. 87.
- ^ Biblioteca dell'"Archivum Romanicum.": Storia, letteratura, paleografia, Volumi 44-45, L.S. Olschki, 1955, p. 163.
- ^ Luzio e Renier, p. 87.
- ^ a b c d John Gagné, Collecting Women: Three French Kings and Manuscripts of Empire in the Italian Wars, su journals.uchicago.edu.
- ^ “Pour haultain port pour gaye contenance / Riche acoultrure en nouuelle ordonnance / Pour bel acueil et beaulte prinse au chois / Nulle nen est dont on a souuenance / Qui tant pleust onc a Charles roy francoys”
- ^ Maulde, pp. 77-78.
- ^ Giornale ligustico di archeologia, storia e letteratura, Volumi 7-8, 1881, p. 376; Annuaire-bulletin de la Société de l'histoire de France, Volume 288, 1863, p. 43.
- ^ Lettres de Charles VIII, roi de France, Numero 313, Di Charles VIII (King of France), Société de l'histoire de France · 1903, pp. 5, 9, 88, 96.
- ^ I duchi di Borgogna: studi su lettere, arti e industria durante il XV secolo e più in particolare nei Paesi Bassi e nel Ducato di Borgogna, Volume 3, Léon marchese di Laborde, Plon frères, 1852, pp. 438-439.
- ^ Catalogue de la bibliothèque des ducs de Bourbon en 1507 et en 1523, précédé d'une notice sur les anciens seigneurs de ce nom, Di Le Roux de Lincy, 1850, p. 91.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Maria Bellonci, Lucrezia Borgia, collana "Oscar scrittori del Novecento", Milano, Mondadori, 1998, ISBN 88-04-51658-5.
- Alessandro Luzio e Rodolfo Renier, Delle relazioni d'Isabella d'Este Gonzaga con Lodovico e Beatrice Sforza, Milano, Tipografia Bortolotti di Giuseppe Prato, 1890.
- Francesco Malaguzzi Valeri, La corte di Lodovico il Moro: la vita privata e l'arte a Milano nella seconda metà del Quattrocento, vol. 1, Milano, Hoepli, 1913.
- Domenico Malipiero, Annali veneti dall'anno 1457 al 1500, a cura di Francesco Longo, Agostino Sagredo, 1843.
- René Maulde-La-Clavière, Histoire de Loius XII: ptie. Louis d'Orléans., vol. 3.
- Marino Sanuto, La spedizione di Carlo VIII in Italia, a cura di Rinaldo Fulin, Venezia, Tipografia del Commercio di Marco Visentini, 1883.
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikiquote contiene citazioni di o su Carlo VIII di Francia
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Carlo VIII di Francia
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Carlo VIII re di Francia, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- Carlo VIII Re di Francia, in Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010.
- Carlo VIII (re di Francia), su sapere.it, De Agostini.
- (IT, DE, FR) Carlo VIII di Francia, su hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera.
- (EN) Charles VIII, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- (EN) Opere di Carlo VIII di Francia, su Open Library, Internet Archive.
- (EN) Carlo VIII di Francia, su Goodreads.
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