Marco Papirio Mugillano

Marco Papirio Mugillano
Tribuno consolare della Repubblica romana
Nome originaleMarcus Papirius Mugillanus
GensGens Papiria
Tribunato consolare418 a.C., 416 a.C.
Consolato411 a.C.

Marco Papirio Mugillano o Marco Papirio Atratino (Roma, ... – ...; fl. V secolo a.C.) è stato un politico e militare romano del V secolo a.C..

Primo tribunato consolare

[modifica | modifica wikitesto]

Nel 418 a.C. fu eletto per la terza volta Tribuno consolare con Lucio Sergio Fidenate e Gaio Servilio Axilla[1].

Si decise di dichiarare guerra ai Labicani, dopo che i Tuscolani riferirono ai Senatori che questi si erano accampati armati sul monte Algido con qualche rinforzo degli Equi. Subito sorsero contrasti tra i tribuni su come si dovesse condurre la campagna militare.

«Fu allora dichiarata guerra ai Labicani. Avendo il senato decretato che due tribuni partissero per la guerra e che uno rimanesse invece a capo della città, subito scoppiò un litigio fra i tribuni perché ciascuno vantava la propria superiorità in campo militare e disprezzava il governo della città, considerandolo un compito sgradito e inglorioso.»

Solo l'intervento di Quinto Servilio Prisco Fidenate, nominato dittatore nel 435 a.C. per condurre la campagna contro Veio e Fidene, riuscì a definire la questione degli incarichi, stabilendo che mentre Gaio Servilio, figlio di Quinto, presidiava la città, Sergio e Papirio dovessero condurre le legioni contro il nemico; ma non per questo cessarono i contrasti tra i due tribuni, che alla fine si accordarono per comandare l'esercito a giorni alterni.

E fu proprio quando il comando era esercitato da Sergio, che i Romani furono sorpresi in una posizione svantaggiosa dagli Equi, che ebbero gioco facile ad ucciderne molti ed a mandare in fuga i superstiti.

Giunta in città la notizia della disfatta, si decise di nominare Quinto Servilio dittatore[2], perché la campagna fosse condotta senza altre perdite per i romani; Quinto nominò il figlio Gaio Servilio Magister equitum. E infatti, rinfrancati dalla guida del dittatore, i romani prima sconfissero gli Equi sul campo, poi espugnarono Labico, che fu data alle fiamme e saccheggiata[3].

Infine, a seguito di questa vittoria, il Senato decise di inviare a Labico 1.500 coloni, a ciascuno dei quali furono assegnati 2.000 iugeri di terra[3].

Secondo tribunato consolare

[modifica | modifica wikitesto]

Nel 416 a.C. fu eletto tribuno consolare con Quinto Fabio Vibulano Ambusto, Aulo Sempronio Atratino e Spurio Nauzio Rutilo[4].

L'anno, come il precedente, fu caratterizzato da rapporti esterni tranquilli, ed interni tesi a causa del ripresentarsi della questione agraria da parte dei tribuni della plebe.

Nel 411 a.C. fu eletto al consolato con Gaio Nauzio Rutilo[5].

Durante l'anno Roma soffrì una carestia a causa della pestilenza dell'anno precedente, cui riuscì a porre rimedio importando grano dalla Sicilia e dalle città etrusche al di là del Tevere.

«I Sanniti che occupavano Cuma e Capua, con insolenza, impedirono l'acquisto del grano agli inviati.»

  1. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita, IV, 4, 45.
  2. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita, IV, 4, 46.
  3. ^ a b Tito Livio, Ab Urbe condita, IV, 4, 47.
  4. ^ Tito Livio, "Ab Urbe Condita", IV,4, 48.
  5. ^ Tito Livio, Ab Urbe condita, IV, 2, 52

Voci correlate

[modifica | modifica wikitesto]
Predecessore Fasti consulares Successore
Spurio Nauzio Rutilo, Publio Lucrezio Tricipitino e
Agrippa Menenio Lanato
418 a.C.
con Lucio Sergio Fidenate e Gaio Servilio Axilla
Publio Lucrezio Tricipitino, Agrippa Menenio Lanato e
Spurio Veturio Crasso Cicurino
I
Agrippa Menenio Lanato, Gaio Servilio Axilla,
Publio Lucrezio Tricipitino e Spurio Veturio Crasso Cicurino
(416 a.C.)
con Quinto Fabio Vibulano Ambusto, Aulo Sempronio Atratino III e Spurio Nauzio Rutilo II
Publio Cornelio Cosso, Numerio Fabio Vibulano,
Gaio Valerio Potito Voluso e Quinto Quinzio Cincinnato
II
Predecessore Fasti consulares Successore
Quinto Fabio Vibulano Ambusto II e
Gaio Furio Pacilo
(411 a.C.)
con Gaio Nauzio Rutilo
Manio Emilio Mamercino
con Gaio Valerio Potito Voluso