Trabea (poeta)

Quinto Trabea (in latino Quintus Trabea; fl. III-II secolo a.C.) è stato un poeta e commediografo romano fiorito nel III-II secolo a.C., ricordato come autore di fabulae palliatae.

La sua opera è per interamente perduta, se si eccettuano gli unici due frammenti noti, tramandati da Cicerone.

(LA)

«Lena delenita argento nutum observabit meum
Quid velim, quid studeam. Adveniens digito impellam ianuam,
Fores patebunt. De Inproviso Chrysis ubi me aspexerit,
Alacris ob viam mihi veniet complexum exoptans meum,
Mihi se dedet.
»

(IT)

«La ruffiana, addolcita dal denaro, osserverà il mio cenno,
che cosa io voglia, che cosa io desideri. Arrivando toccherò la porta con un dito,
le porte si apriranno. Improvvisamente Criside, quando mi avrà guardato,
mi verrà incontro genile, desiderando il mio abbraccio
e si darà a me.»

Viene ricordato dall'erudito Volcacio Sedigito che, nella prima metà del I secolo a.C., include Trabea all'ottavo posto del suo particolare canone dei maggiori autori comici latini. Nel canone, tramandatoci dalle Notti attiche di Aulo Gellio, Trabea occupa l'ottavo posto, precedendo Luscio ed Ennio.

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