Vanitas

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Natura morta con teschio, Philippe de Champaigne, 1671

La vanitas, in pittura, è una natura morta con elementi simbolici allusivi al tema della caducità della vita. Il nome deriva dalla frase biblica vanitas vanitatum et omnia vanitas e, come il memento mori, è un ammonimento all'effimera condizione dell'esistenza.[1]

Questo genere pittorico ha avuto il suo massimo sviluppo nel Seicento, soprattutto in Olanda,[1] strettamente correlato al senso di precarietà che investì il continente europeo in seguito alla guerra dei trent'anni e al dilagare delle epidemie di peste.[2]

Allegoria della vanità, Antonio de Pereda, circa 1634

Gli elementi caratteristici di tali composizioni possono essere:[1]

  • il teschio, la candela spenta o il silenzio degli strumenti musicali, in quanto simboli di morte;
  • la clessidra o l'orologio, come simboli del trascorrere del tempo;
  • le bolle di sapone, di solito rappresentate con un putto o un adolescente che le crea soffiando da una specie di cannuccia, simbolo sia della transitorietà della vita sia della transitorietà dei beni terreni;
  • un fiore spezzato, come un tulipano o una rosa, simbolo della vita che come quel fiore prima o poi appassirà. Anche nel famoso Canestra di frutta di Caravaggio la mela bacata, oltre che indice di crudo realismo, sta ad indicare la caducità.
  • dipinti o manoscritti, simboli dei piaceri vani dell'uomo

Note opere con questo soggetto sono state realizzate da artisti quali Guercino, Salvator Rosa, Antonio de Pereda, Philippe de Champaigne, Abraham Mignon, Hans Holbein il Giovane, Simon Renard de Saint-André, Jan Brueghel il Vecchio, Pierre Mignard, Peter Paul Rubens, Pieter Claesz, Harmen Steenwijck, Juan de Valdés Leal.

Galleria d'immagini

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  1. ^ a b c vànitas, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 22 luglio 2016.
  2. ^ Matilde Battistini, Simboli e Allegorie, Milano, Mondadori Electa, 2002, pp. 360-365, ISBN 88-435-8174-0.

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