Dialetto canavesano

Canavesano
Canavzan
Parlato inItalia (bandiera) Italia
Regioni  Piemonte
Locutori
Totale~
Tassonomia
FilogenesiIndoeuropee
 Italiche
  Romanze
   Italo-occidentali
    Galloromanze
     Galloitaliche
      Piemontese
       Dialetto canavesano
Statuto ufficiale
Ufficiale in-
Regolato danessuna regolazione ufficiale

Il canavesano (nome nativo canavzan [kanaw'zaŋ]) è un dialetto settentrionale della lingua piemontese parlato principalmente nella zona del Canavese. Costituisce uno dei tre rami principali in cui si dividono i dialetti della lingua piemontese insieme al piemontese occidentale e al piemontese orientale. Il canavesano non è però un dialetto uniforme in tutta la subregione: presenta differenze, talvolta anche notevoli, da una zona all'altra: differenziazioni subdialettali si evidenziano in particolare fra il Canavese occidentale e meridionale ed il Canavese orientale e settentrionale.

Scrittori e poeti

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Non esistendo una grammatica canavesana normata, molti poeti locali hanno utilizzato spesso grafie eterogenee più o meno distanti dalla grafia normalizzata, stabilita dai Brandé negli anni '20, con la quale è possibile scrivere il piemontese e tutti i suoi dialetti, canavesano compreso. Nella metà del XVIII secolo Bernardino Biondelli raccolse alcuni esempi di scritti in canavesano, tra cui "La parabola del Fioeu Trason"[1] A cavallo tra il XIX ed il XX secolo spicca Pietro Corzetto Vignòt (che si firmava Peder Kurzat Vignòt), originario di Rueglio.

Caratteristiche

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Il dialetto canavesano ha dei suoni particolari e la parlata varia molto da zona a zona; vi sono tuttavia elementi unificanti che ci indicano, sentendoli, che ci troviamo di fronte a una parlata canavesana. Per esempio:

  • la negazione che in piemontese comune è "nen" o "pa" in canavesano diventa spesso "nin" o "gnin"
  • verbi come "tu sei", "io ho", "tu hai", "io so", che in piemontese comune si dicono ti it ses, mi i l'hai, ti it l'has, mi i sai in canavesano diventano (ma non dovunque) ti t'è, mi i l'heu\mi i l'hon (pronuncia: "mi i lùn"), ti t'hèi, mi i son; le varianti comunque sono molte.
  • nel canavese occidentale si tende a spostare l'accento sull'ultima sillaba: piemontese comune La galin-a rossa a corìa, canavesano occidentale la galinà rossà a corià (la gallina rossa correva)

(Nella grafia piemontese la O senza accenti si pronuncia come la U italiana, che la Ë generalmente ha un suono sordo e che la U si pronuncia come la U francese.)

  • A l'é bianch 'me la coa dël merlo.
È bianco come la coda del merlo.
  • Nel Canavese, come in tutto il Piemonte, vengono dati dei soprannomi agli abitanti di ciascun comune. Alcuni esempi per il Canavese:
Bairo = ij tirapere (i tirapietre, perché avevano l'abitudine di accogliere i forestieri, soprattutto quelli che venivano a corteggiare le fanciulle del posto, a suon di pietre);
Castellamonte = ij pignater (artigiani che fanno le pignatte o tofeie);
Corio = j'ampichè (gli impiccati, perché un tempo in questo comune c'era un tribunale e si erigeva la forca, vd. Rocca Canavese);
Rivarolo = ij biàuta-gambe (i dondola-gambe, cioè fannulloni);
Ozegna = ij gavasson (il collo ingrossato dalla tiroide);
Priacco= ij capej forà ("cappelli bucati");
Rocca Canavese = ij brusaton (i bruciacchiati, perché a Rocca in antico si portavano a bruciare i cappi del patibolo di Corio, vd. sopra);
San Giusto Canavese = ij singher (gli zingari);
Rivara = ij strassapapé "stracciacarte", derivazione di una leggenda secondo cui nel '500, durante la stesura di un atto notarile (in cui il notaio scriveva cifre maggiorate in favore dei conti rispetto a ciò che veniva detto al popolo), un coraggioso cittadino, dopo aver sbirciato il documento, lo prese dalle mani del notaio e lo strappò davanti alla folla radunatasi.
Foglizzo = ij cagaverd (mangia rane);
Caluso = ij bambas (stoppino dei ceri, perché misero in forno i ceri piegati per raddrizzarli ed usarli in processione: ovviamente la cera si fuse e rimasero solo gli stoppini);
Barone = ij tirapere (i Baronesi tiravano i sassi a quelli di Orio);
Favria = ij tajastrass ("taglia stracci", ovvero pettegoli. Deriva dal modo di dire "tagliare il vestito su misura", cioè farsi i fatti altrui)
Bosconero = ij plareuj (i prataioli)
Strambino = le panse longhe (letteralmente ''le pance lunghe'', figurativamente ''i buongustai'', probabilmente per la presenza di una residenza nobile)
Nome italiano Nome in dialetto
Agliè Ajè
Barbania Barbanià
Bosconero Bosnèir
Caluso Calüso
Candia Canavese Cangia
Castellamonte Castlamont
Castelnuovo Nigra (capoluogo) Sale
Ceresole Reale Ciresòle
Chiaverano Ciavran
Chivasso Civass
Ciconio Sicheugn
Cirié Siriè
Corio Cheuri
Cuorgnè Corgnè
Feletto Flet
Foglizzo Fojiss
Forno 'l Forn
Ivrea 'Nvrèja
Lusigliè Lusijè
Maglione Majon
Mazzè Massè
Montanaro Montanè
Perosa Canavese Prosa
Priacco (fraz. di Cuorgnè) Prié
Rivara Rüvèra
Rivarolo Canavese Rivareul
Rondissone Rundisün
San Benigno Canavese San Balègn
San Giusto Canavese ‘l Zerb
San Giorgio Canavese San Giòrs
Settimo Rottaro Seto
Vialfrè Jafrèj
Volpiano Volpian

Il canavesano ha risentito, a partire dagli anni '60, di un notevole calo di utilizzo nell'ambito familiare. La preponderanza culturale dell'italiano, che si è diffuso molto velocemente grazie alla scuola ma anche ai nuovi mezzi di comunicazione come la televisione, ha fatto sì che parlare "in dialetto" fosse avvertito come diseducativo nei confronti dei minori. Ne è seguito che i genitori parlavano in dialetto tra loro, ma in italiano coi figli, per paura di influenzare negativamente il loro studio scolastico della lingua italiana. Il canavesano rischia così, come tutti gli altri dialetti piemontesi, di scomparire in breve tempo. L'unico modo di evitare ciò è che il dialetto venga parlato ai bambini, nell'ambito familiare. Fortunatamente negli ultimi anni la situazione sembra andare in controtendenza: molti giovani hanno riscoperto la lingua regionale e la utilizzano in famiglia: capita sovente, infatti, per ora quasi esclusivamente in provincia, di sentire bambini dire qualche frase in piemontese, senza più essere sgridati dai genitori per questo, come avveniva fino a pochi anni fa.[senza fonte]

  • Brero Camillo, Gramàtica Piemontèisa. Seconda edizione Ij Brandè, Torino 1971.
  • Di Sant'Albino Vittorio, Dizionario Piemontese - Italiano - Latino - Francese. 2 volumi, Carmagnola 1830, ed. anastatica Torino 1965.
  • Levi Attilio, Dizionario Etimologico del dialetto piemontese. Ed. Paravia, 1927, ed. anastatica Torino 1971.
  • Gaetano Berruto, sezione Piemonte e Valle d'Aosta in Profilo dei dialetti italiani, 1 a cura di Manlio Cortelazzo, Pacini, Pisa 1974.

Voci correlate

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