Federico Seismit-Doda
Federico Seismit-Doda | |
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Ministro delle finanze del Regno d'Italia | |
Durata mandato | 24 marzo 1878 – 19 dicembre 1878 |
Monarca | Umberto I di Savoia |
Capo del governo | Benedetto Cairoli |
Predecessore | Agostino Magliani |
Successore | Agostino Magliani |
Legislatura | XIII |
Durata mandato | 9 marzo 1889 – 14 settembre 1890 |
Capo del governo | Francesco Crispi |
Predecessore | Francesco Crispi |
Successore | Giovanni Giolitti |
Legislatura | XVII |
Ministro del tesoro del Regno d'Italia | |
Durata mandato | 24 marzo 1878 – 24 ottobre 1878 |
Capo del governo | Benedetto Cairoli |
Predecessore | Angelo Bargoni |
Successore | Agostino Magliani |
Legislatura | XIII |
Deputato del Regno d'Italia | |
Legislatura | dalla IX alla XVIII legislatura del Regno d'Italia ininterrottamente |
Collegio | Comacchio e, dal 1882, Udine |
Incarichi parlamentari | |
segretario dal 25 novembre 1869 al 2 novembre 1870 della Commissione generale del bilancio | |
Sito istituzionale | |
Dati generali | |
Partito politico | Sinistra storica |
Titolo di studio | laurea in giurisprudenza |
Università | Università degli Studi di Padova |
Professione | avvocato, scrittore, giornalista |
Domenico Federico Seismit-Doda (Ragusa di Dalmazia, 1º ottobre 1825 – Roma, 8 maggio 1893) è stato un patriota e politico italiano.
Biografia
[modifica | modifica wikitesto]Nato da un'agiata famiglia veneta nella Dalmazia austriaca voluta dal Congresso di Vienna (1815), il padre Dionisio Seismit era un avvocato di Spalato, fervente patriota così come la madre Angela Doda, intellettuale della borghesia zaratina, particolarmente amata dai figli che vollero aggiungere il suo cognome a quello paterno. Trascorse gli anni della formazione scolastica in vari istituti di Venezia, Spalato e Zara, dove si licenziò in filosofia, e nel 1843 si trasferì all'Università degli Studi di Padova per seguire le orme paterne studiando legge. Qui in realtà si occupò di poesia e teatro, fu tra i collaboratori del periodico culturale Caffè Pedrocchi e, sospettato dalla polizia austriaca per i suoi scritti, per le relazioni con i patrioti Daniele Manin e Niccolò Tommaseo e per le agitazioni seguite all'elezione del "papa liberale" Pio IX, sul finire del 1847 fu arrestato a Venezia e poi "confinato" a Trieste.
Subito dopo la morte di Seismit-Doda si formò il comitato promotore per l'erezione di un monumento in suo onore; ne fecero parte, tra gli altri, Giuseppe Zanardelli e Guido Baccelli. Nel 1903 il comune di Roma ne autorizzò la sistemazione in piazza Benedetto Cairoli, ma il provvedimento fu lasciato decadere a causa delle tensioni internazionali sorte intorno alle idee irredentiste di Seismit-Doda, particolarmente imbarazzanti da quando l’Italia aveva stipulato la Triplice alleanza (1882) con Austria e Germania. La statua in bronzo e il piedistallo in travertino erano già pronte nel 1906 (stando alla data che infatti vi è incisa), ma soltanto il 18 luglio 1918 (sul finire della prima guerra mondiale, dopo il fallimento dell'avanzata austriaca sul Piave del 15-22 giugno 1918) ne fu riapprovata l'installazione nei giardini di piazza Cairoli, che avvenne nottetempo, senza alcuna cerimonia, nel marzo 1919.
Federico Seismit-Doda vi è rappresentato seduto, in atteggiamento pensoso, e sul basamento è incisa la scritta: «Sui campi di battaglia / in Parlamento / nei consigli della Corona e del Comune / strenuo propugnatore di libertà / e di patria grandezza».[1]
Di fede repubblicana e mazziniana, partecipò alla prima guerra d'indipendenza contribuendo all'insurrezione di Venezia, combattendo contro gli austriaci a Treviso e Vicenza (avrebbe poi ricordato questi eventi nel volume autobiografico I volontarii veneziani)[2] e perorando la causa a Milano, Lugano, Parigi, in Belgio, con tale impegno che, «esclusi dal nemico rioccupante la debellante Venezia soli Quaranta cittadini dall'amnistia, fra i Quaranta fu compreso anche questo giovinetto di ventiquattr'anni!»[3] Riparò allora con altri esuli in Toscana, dove collaborò al quotidiano fiorentino L'Alba, e nel 1849 fu tra i difensori della Repubblica Romana, a Porta San Pancrazio al fianco di Giuseppe Garibaldi.
Riprese poi per vari anni la vita da esule, dapprima in Grecia e dal marzo 1850 in Piemonte, a Torino, dove si unì in matrimonio con Bianca da Camino, sua fedele compagna sin dagli anni del confinamento a Trieste,[4] collaborò a vari giornali e riviste come La Concordia, il Progresso e il Diritto, finché, grazie agli amici triestini, non venne assunto dall'impresa di assicurazioni RAS, che gli garantì un impiego dirigenziale insieme alla tranquillità economica. Sul piano politico rimase a lungo appartato, mentre nel frattempo andava maturando, come del resto molti altri patrioti di fede mazziniana o repubblicana (da Garibaldi a Manin e Tommaseo), l'accettazione dell'idea di un'Italia unita sotto la guida di Casa Savoia. Per ragioni di salute non poté tuttavia partecipare alla seconda guerra per l'indipendenza, cui invece prese parte, e con onore, il fratello Luigi. Massone, membro della loggia La Concordia di Firenze, nel 1863 fu tra i fondatori della loggia Bandiera e Moro di Firenze e ne fu il primo maestro venerabile[5]. Di fronte al mancato completamento dell'unità italiana (per l'assenza di Roma e di tutto il Veneto fino alla Dalmazia), decise di farsi propugnatore politico di tale diffusa aspirazione entrando in Parlamento. Eletto deputato nel 1865 nel collegio di Comacchio, e dal 1882 in quello di Udine, fu sempre riconfermato tra gli esponenti della Sinistra storica (quella degli amici di gioventù Depretis, Crispi, Cairoli e Zanardelli) fino alla morte, risultando sempre rieletto per quasi trent'anni.
Nella veste di deputato si occupò prevalentemente di questioni finanziarie, tra le quali grande risonanza ebbe una sua interpellanza del 1868[6] da cui prese avvio una vera e propria "inchiesta sul corso forzoso" della moneta cartacea, in cui intervennero i più illustri nomi della finanza italiana del tempo. A partire poi dal 1876, quando la cosiddetta "rivoluzione parlamentare" portò al governo gli uomini della sinistra, anche al Seismit-Doda vennero affidati importanti incarichi pubblici: sottosegretario alle finanze nel primo governo Depretis (1876-1877), nel 1878 divenne ministro delle finanze nel governo Cairoli I, con l'interim del tesoro, e favorì la progressiva abolizione della tassa sul macinato[7] (che pochi anni prima aveva innescato la caduta della Destra storica) e una più equa distribuzione del gravame tributario. Dopo l'annessione di Roma al Regno d'Italia, era stato anche eletto per ben quattro mandati alla carica di consigliere comunale nella capitale; e così, caduto il primo governo Cairoli, accettò l'assessorato alle finanze nella giunta capitolina.
Nel marzo 1889 tornò di nuovo al ministero delle finanze col secondo governo Crispi, e il suo primo provvedimento fu un disegno di legge che, introducendo le tariffe differenziali, riformava il confuso regime doganale italiano, figlio dei diversi regolamenti dei vari stati preunitari. Tuttavia, i ben noti sentimenti irredentisti del Seismit-Doda cozzavano contro la politica del Crispi, che, sostenitore invece della triplice alleanza con Austria e Germania, aveva ordinato lo scioglimento dei vari comitati irredentisti e la proibizione di ogni loro manifestazione. Il dissidio esplose nel settembre 1890, quando il Seismit-Doda, partecipando a un banchetto indetto in suo onore a Udine, manifestò un tacito appoggio alla causa degl'italiani viventi in Dalmazia e nelle altre "terre irredente". Appresa la notizia, Crispi telegrafò al ministro invitandolo a lasciare l'esecutivo per incompatibilità politica. Seismit-Doda cercò di resistere, fidando forse nell'amicizia personale col re Umberto I di Savoia, ma Crispi, dopo un accalorato colloquio col sovrano, ne ottenne l'esonero per decreto regio il 14 settembre. Il suo posto fu così preso da Giovanni Giolitti.
Tre anni dopo, affranto per la morte del fratello Luigi e della moglie Bianca, malato, stanco e ancora risentito con Crispi, morì a Roma, dove venne sepolto nel cimitero del Verano, nell'area detta Pincetto.
Note
[modifica | modifica wikitesto]- ^ "Monumento a Seismit Doda", sul sito della Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.
- ^ Federico Seismit-Doda, I volontarii veneziani. Racconto storico, Torino, De Lorenzo, 1852 (consultabile anche su Google Libri).
- ^ "Commemorazione del deputato Seismit-Doda", cit., p. 3274.
- ^ Bianca era nata nel 1824 da Elisabetta Teresa Doria e da Francesco Saverio da Camino (1786-1864), chirurgo attivo a Trieste fin dal 1826 e patriota convinto come i figli Bianca e il giovanissimo Gaddo Gherardo (1840-1927), che nel 1856 si arruolò volontario con Garibaldi e passò poi nell'esercito regolare divenendo tenente (1866), capitano (1870) e infine generale.
- ^ Vittorio Gnocchini, L'Italia dei Liberi Muratori, Erasmo ed., Roma, 2005, pp. 250-251.
- ^ Federico Seismit-Doda, Del corso forzoso dei biglietti di banca e delle condizioni finanziarie del regno. Discorso pronunciato alla Camera nella tornata del 7 marzo 1868 dal deputato Federico Seismit-Doda, Firenze, Eredi Botta, 1868.
- ^ Federico Seismit-Doda, L'abolizione del macinato. Discorso pronunziato dal deputato Federico Seismit-Doda nella discussione intorno alle modificazioni recate dal Senato alla legge per l'abolizione del macinato - tornata del 29 giugno 1879, Roma, Eredi Botta, 1879.
Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- "Commemorazione del deputato Seismit-Doda", in Atti del Parlamento Italiano - Discussioni della Camera dei Deputati, XVIII Legislatura - lª sessione, 9 maggio 1893, pp. 3273-3277 (consultabile anche on line).
- Alla cara e venerata memoria di Federico Seismit-Doda - nel primo anniversario della morte i figli, gli amici - 8 maggio 1894, Roma, Forzani, 1894.
- Luciano Giulio Sanzin, Federico Seismit-Doda nel Risorgimento, Bologna, Cappelli, 1950.
- Vanni Tacconi, Il ritorno alle radici. Scritti e discorsi sulla Dalmazia, Udine, Del Bianco, 2005. Il saggio su Seismit-Doda è consultabile anche sul mensile Difesa Adriatica Archiviato il 10 aprile 2008 in Internet Archive., gennaio 2006, p. 8.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]- Luigi Seismit Doda, deputato della IX legislatura.
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]- Wikisource contiene una pagina dedicata a Federico Seismit-Doda
- Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su Federico Seismit-Doda
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- Sèismit Dòda, Federico, su Treccani.it – Enciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
- Mario Menghini, SEISMIT-DODA, Federico, in Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1936.
- Sèismit-Dòda, Federico, su sapere.it, De Agostini.
- Seismit-Doda, Federico, in L'Unificazione, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2011.
- Fulvio Conti, SEISMIT-DODA, Federico, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 91, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2018.
- Federico Seismit-Doda, in Dizionario biografico dei friulani. Nuovo Liruti online, Istituto Pio Paschini per la storia della Chiesa in Friuli.
- (DE) Federico Seismit-Doda (XML), in Dizionario biografico austriaco 1815-1950.
- Opere di Federico Seismit-Doda, su MLOL, Horizons Unlimited.
- Federico Seismit Doda, su storia.camera.it, Camera dei deputati.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 89416556 · ISNI (EN) 0000 0000 6226 6235 · SBN NAPV044932 · BAV 495/251829 · CERL cnp02073353 · LCCN (EN) no2015049685 · GND (DE) 1033732788 |
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