La prima idea di realizzare una ferrovia risale al 1877, quando la commissione tecnico-amministrativa del Comune di Fermo diede autorizzazione al Regno di concedere la costruzione di una ferrovia di collegamento tra la linea Adriatica e Porto San Giorgio, Amandola e un suo prolungamento attraverso il valico di Visso per la Val Nerina fino a raggiungere Terni e la linea delle Strade Ferrate Romane.[3] Volendo dare importanza alla citta di Fermo, l'intenzione di proseguire lo sviluppo della linea ferroviaria non fu causale, infatti il 14 luglio 1877 si ribadì che la questione era subordinata alla questione della scelta del capoluogo di provincia, proprio perché con la nascita del Regno venne scelto Ascoli Piceno rispetto che a Fermo.[4] Il 22 giugno il Comune di Fermo deliberò l'affidamento dei lavori all'ingegnere Pompeo Marini di Torino, che lo presentò il 25 aprile 1878 con il nome di "Ferrovia economica dall'Adriatico all'Appennino". Questo progetto prevedeva solo la costruzione del 1° tronco della linea, ovvero Porto San Giorgio-Fermo, dal costo totale di 419 265,42 lire. L'invio del progetto al Ministero dei Lavori Pubblici suscitò un entusiasmo generale in tutti i paesi della Valle del Tenna a tal punto che il commissario Cesare Scoccia, presidente del Consiglio Provinciale e sindaco di Fermo organizzò a Servigliano un incontro con tutti i rappresentanti dei paesi coinvolti in cui si decise di prolungare la linea fino a raggiungere ufficialmente Amandola, dando vita alla "Porto San Giorgio-Fermo-Amandola" o "AFA" (Adriatico-Fermo-Amandola). Il nuovo progetto venne studiato dagli ingegneri Pio Fenili, per il percorso fino ad Amandola, e Carlo Pascucci, per il percorso che collegava la linea all'Umbria.[4]
Il 17 giugno 1879 si discusse del progetto alla Camera. Nello stesso anno venne stipulata una convenzione tra Governo e Deputazione della Provincia di Ascoli Piceno nella quale si stabiliva che la spesa sarebbe stata ripartita in ragione di 2/3 a carico dello Stato e 1/3 a carico dell'amministrazione provinciale e di un consorzio dei 45 comuni interessati, in ragione del 50% ciascuno.[5] Il 30 aprile 1881 fu approvato il progetto, ma non poté essere realizzato a causa di vertenze giudiziarie tra l'appaltante, Ditta Anaclerio di Napoli e la Provincia[6] che, nel 1885, portarono alla decadenza della concessione e nel 1892 al suo abbandono[7].
Il progetto venne ripreso nel 1903 e la sua realizzazione venne affidata all'ingegnere Ernesto Besenzanica[8](lo stesso progettista della Ferrovia Sangritana), che ne adeguò le caratteristiche, iniziando infine i lavori di costruzione nel 1905.
La linea per Amandola venne inaugurata, con trazione a vapore, il 14 dicembre 1908[10] e la sua diramazione, di poco meno di 2,5 km, per Fermo Città venne aperta l'anno dopo, all'inizio di agosto del 1909[10]. Il percorso di quest'ultima era molto impegnativo, date le elevate pendenze fino al 70 per mille, e impose l'utilizzo della frenatura a pattini per una migliore sicurezza. Sulla linea venne anche tentato l'impiego di due tipi di automotrice a vapore della nota fabbrica di materiale ferroviario ungherese Ganz[11], senza avere tuttavia dei risultati concreti. La tratta iniziale Porto San Giorgio-Fermo, che era percorsa da numerose coppie di treni giornalieri, venne attrezzata con il blocco a bastone pilota per regolarne in sicurezza la circolazione. Nel 1921 la società esercente, la FAA, chiese al Ministero dei Lavori Pubblici l'autorizzazione a prolungare la linea nelle direzioni di Ascoli Piceno e Tolentino, senza ottenerla, e a elettrificare la linea esistente. Nel 1927 giunse infine l'autorizzazione per la conversione alla trazione elettrica, per cui a partire dall'estate del 1928 venne abbandonato l'esercizio a vapore. Il periodo bellico portò anche su questa linea distruzione e devastazione, ma il servizio riprese nel 1945 . La linea venne dismessa il 27 agosto 1956 a causa delle forti passività (nel 1954 il coefficiente d'esercizio, ovvero il rapporto tra costi e ricavi, era pari a 2,10). Sul tratto Porto San Giorgio-Fermo la FAA costruì una linea filoviaria, attiva dal 1958 al 1977[12]. Nell'ultimo decennio del XX secolo diverse iniziative sono state prospettate per la rinascita, a scopo turistico, del trenino dei Monti Sibillini[13].
A Servigliano era presente l'unica sottostazione della linea, dove per la prima volta in Italia[14], vennero impiegati i raddrizzatori a vapori di mercurio, per rendere l'erogazione dell'elettricità automatica[15].
Il tracciato partiva da un raccordo di circa 600 m su sede stradale che iniziava di fronte alla stazione delle FS di Porto San Giorgio e giungeva alla stazione vera, munita di uno scalo a doppio scartamento per facilitare il trasbordo delle merci dalle FS alle FAA. Fermava poi al casello di Castiglione e alla progressiva 8+911 si trovava la fermata Biforcazione[17] dove la linea si biforcava per Fermo e per Amandola giungendo poi alla stazione di Santa Lucia; seguiva per buona parte la vallata del fiume Tenna giungendo alle stazioni di Monte Urano-Rapagnano, poi di Grottazzolina, Magliano di Tenna, Montegiorgio, Belmonte Piceno, fermata Monteverde, Falerone, Servigliano, Santa Vittoria, fermata Parapina, Monte San Martino, Montefalcone, fermata Marnacchia inerpicandosi infine fino ai 550 m di Amandola. Le curve avevano il raggio minimo di 80 m e venivano raggiunte pendenze massime del 30 per mille. Dal casello Biforcazione, poco prima di Fermo Santa Lucia, si diramava un breve tratto di collegamento, di 2,31 km con pendenza del 70 per mille, fino al centro urbano ascolano raggiungendolo nella stazione terminale di Fermo Città.
Tutte le stazioni della linea oggi sono conservate o abbandonate, ad eccezione della stazione di Monte San Martino (in prossimità della Strada Provinciale 113), che è stata demolita per far posto ad una abitazione civile.
Per la ferrovia furono ordinate alla Borsig alcune locomotive a vapore; avevano una livrea verde vescica per cabina e casse d'acqua e rossa per il rodiggio.
Munite del sistema frenante Boecker per affrontare le forti pendenze della linea, fecero servizio costante fino all'elettrificazione della linea avvenuta nel 1928.
Per il trasporto passeggeri furono inizialmente ordinate 16 carrozze, dotate anche queste del sistema frenante Boecker, che negli anni andranno ad aumentare per ampliare il servizio passeggeri:
Nel 1907 vennero ordinate 5 automotrici a vapore dalle officine Ganz, di cui 2 da impiegare sulla linea principale e 3 sul Tronchetto.
Queste non diedero buoni risultati, e dopo qualche miglioria[20] furono trasferite in Sangritana per poi essere vendute alla SFV per il servizio come rimorchiate sulla ferrovia Roma-Fiuggi-Frosinone, che le utilizzò sino al 1921 prima di trasformarle in carri pianale[21].
Locomotore n° 32 alla Stazione AFA di Porto San Giorgio, anni '50
A partire dal 1928, con l'elettrificazione della ferrovia a corrente continua a 2600 Volt, vennero messe in servizio, oltre alle nuove locomotive elettriche, altre vetture viaggiatori, di stampo più moderno, costruite dall'officina di MilanoCarminati & Toselli.
Per il servizio merci/passeggeri sulla linea principale vennero trasferiti 5 locomotori[22] dalla Ferrovia Adriatico Sangritana, mentre per il servizio sul tronchetto furono ordinate 3 elettromotrici[14], che negli anni '50 verranno usate anche sull'intera tratta ferroviaria.
Archivio FAS, Fondo ferrovia Porto S. Giorgio-Fermo-Amandola, Lanciano.
(DE) Dietrich Kutschik, Borsig: Lokomotive fur die Welt, Berlino, Eisenbahn Kurier, 1985.
Marco Cacozza, Le ferrovie private in Italia dalle origini agli anni '70. TuttoTreno Tema n. 4, Albignasego, duegi editrice, 1993.
Dario Rossi, Il Treno della Valle del Tenna, Fermo, 1997.
Antonio Federici, Lo scartamento ridotto in Italia. La storia, i treni, le linee. TuttoTreno Tema n. 14, Albignasego, duegi editrice, 2000, ISSN 1124-4232 (WC · ACNP).
Pino Bartolomei, La Ferrovia Porto San Giorgio-Fermo-Amandola. Percorso nella memoria 1908-1956, Fermo, Andrea Livi editore, 2007, ISBN88-7969-220-8.
Paolo Bartolomei, Il Trenetto della Besenzanica, Ponte San Nicolò, Duegi, 2008, pp. 32-39, ISSN 1124-4232 (WC · ACNP).
Andrea Martinelli e Aldo Riccardi, Le Mallet della Fermana, i Treni n. 431, 2019.