Infinito sostantivato

L'infinito sostantivato (detto talvolta infinito nominale[1]) è, in linguistica, l'uso del modo infinito con valore di nome.[2] La nominalizzazione dell'infinito avviene di norma attraverso un determinante, che sia l'articolo determinativo (il naufragar m'è dolce in questo mare, Leopardi), l'articolo indeterminativo (un mormorar di fiume, Dante) o l'aggettivo dimostrativo (quel suo parlarmi della domenica, Vittorini). L'articolo determinativo può essere omesso (con gran sbattere d'ali, Calvino).[1]

Quest'uso era già presente in latino, dove era però confinato al registro formale.[2] Ad esempio, in Cicerone:[2]

(LA)

«...ipsum Latine loqui.»

(IT)

«...il fatto stesso di parlare correttamente latino.»

O, ancora, in Petronio:[2]

(LA)

«...meum enim intelligere nulla pecunia vendo.»

(IT)

«infatti non vendo a nessun prezzo il mio sapere.»

Il suo impiego in latino fu forse favorito dall'influsso del greco, che impiegava abbondantemente questa costruzione, anche con il concorso dell'articolo, assente in latino.[2]

L'infinito sostantivato è presente nelle lingue romanze, in particolare nello spagnolo, ma può essere considerato una caratteristica eminente dell'italiano, che lo sviluppa riccamente in tipi e forme.[1]

La nominalizzazione dell'infinito ricorre soprattutto al presente:[2]

Lo studiare è spesso associato a qualcosa di sgradevole.

Essa è però possibile anche al passato:[2]

L'aver agito per motivi futili aggrava il reato.

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Infinito sostantivato, in Enciclopedia dell'italiano, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 2010-2011.
  2. ^ a b c d e f g Beccaria, pp. 406-407.
  3. ^ Frammento su perseus.tufts.edu.
  4. ^ Frammento su perseus.tufts.edu.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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