Legal Fake

Si definisce Legal Fake (tradotto dall'inglese, «falso legale») il fenomeno tramite il quale un'azienda registra e produce per proprio conto dei prodotti utilizzando nomi e loghi commerciali di proprietà di una seconda azienda, senza l'autorizzazione di quest'ultima e in paesi nei quali questa non ha ancora commercializzato o registrato il proprio marchio. È un fenomeno abbastanza recente, che ha coinvolto specialmente il settore della moda, in particolare lo street wear e lo stile correlato alla sottocultura dello skateboarding.

Il Legal Fake non è da confondersi con la contraffazione propriamente detta. Infatti, mentre quest'ultima è spesso legata al mercato nero, nel caso del Legal Fake i prodotti possono essere venduti e acquistati legalmente (almeno prima di un'eventuale sentenza di un tribunale). Inoltre le aziende produttrici di Legal Fake non sono interessate a imitare il marchio per frodare i consumatori, ma piuttosto a sostituirsi al brand originale e ad "impersonarlo".

Caratteristiche generali

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In molti casi la creazione di marchi Legal Fake viene preceduta da un'attenta fase di preparazione, come la ricerca di brand iconici o di culto o "di nicchia" in determinate aree geografiche, ma non distribuiti ufficialmente e poco noti in altri paesi. Una volta individuato un marchio d'interesse, quest'ultimo viene quindi registrato come se fosse nuovo, precedendo temporalmente l'azienda originale. Contestualmente vengono opportunamente modificati i nomi, i loghi e i font, in modo tale che possano essere confusi con quelli originari. Infine l'azienda che si appropria del marchio tende a imitare quella originaria anche in altri aspetti, come le strategie di comunicazione e di marketing, la definizione del pubblico e del mercato di riferimento, ecc.

Quasi sempre le aziende produttrici di Legal Fake, nonché i loro rivenditori all'ingrosso e i rappresentanti commerciali, non informano i venditori al dettaglio e i consumatori che la merce non ha nulla a che vedere con i brand originali.

Il caso «Supreme Barletta»

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Supreme è un marchio creato nel 1994 negli Stati Uniti, di cui è titolare la società Chapter 4, legato principalmente al mondo dello skateboarding. Nel 2016 venne registrato un marchio con lievi modifiche grafiche e depositato in Italia e a San Marino da International Brand Firm Ltd. (IBF), società con sede legale nel Regno Unito, quindi concesso in licenza all'italiana Trade Direct s.r.l., che iniziò a produrre e vendere capi di abbigliamento come Supreme Italia[1].

Da notare che mentre Supreme NYC, detentrice del marchio originale, vendeva i suoi prodotti in numero limitato e in esclusiva in pochissimi negozi monomarca nel mondo (a New York, Los Angeles, Londra, Parigi e Tokyo), il marchio Supreme Italia iniziò a commercializzare i suoi prodotti a prezzi più accessibili e in negozi di abbigliamento tradizionali. La cosa non sfuggì agli esperti del settore, tant'è che Supreme Italia cominciò a essere soprannominata ironicamente «Supreme Barletta», poiché aveva sede nella città pugliese[2].

Nel 2016 Supreme New York citò per la prima volta in giudizio IBF e Trade Direct, che nel frattempo avevano depositato il marchio in molti altri paesi (nasceva intanto Supreme Spain) e avevano avviato collaborazioni con marchi importanti, fra cui Samsung[1].

Fu l'inizio di una diatriba legale durata diversi anni. Se inizialmente il Tribunale di Milano diede ragione al marchio originale americano, accertando la concorrenza parassitaria della IBF e disponendo il sequestro dei capi recanti tale marchio[3], negli anni successivi si registrarono decisioni di diverso parere da parte di tribunali spagnoli e dell’EUIPO (Ufficio dell'Unione Europea per la Proprietà Intellettuale), che nel 2018 rifiutò la domanda di registrazione di marchio presentata da Chapter 4[4]. Nel 2020 il China Trademark Office ha riconosciuto come originale il brand americano[5], dopo che negli anni precedenti Supreme Italia aveva fatto ingresso nel mercato cinese[6]. Nel 2021 un tribunale britannico ha condannato l'azienda italiana con sede legale a Londra ad una multa di 7,5 milioni di sterline e i titolari a pene detentive[7][8].

Nello stesso anno Supreme NYC ha aperto a Milano il suo primo negozio in Italia[9].

Altri marchi vittime di legal fake sono stati Boy London, Pyrex Vision, Kith NYC, Trasher, Vetements e Palace Skateboards[10][11]. In tutti questi casi i nomi dei brand e i loro loghi sono stati riprodotti da aziende terze per essere messi in commercio in paesi dove i marchi originali non erano ancora stati registrati. È interessante notare che pure in questi casi le registrazioni di falsi legali sono state compiute da aziende italiane e il mercato di riferimento era la street fashion.

Voci correlate

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