Montafia (famiglia)

Stemma della
famiglia Montafia
Blasonatura
D'argento alla stella di rosso, carica di una mezzaluna del campo, montante

Incongruenza tra disegno e blasonatura: è errata l'immagine: la luna non è d'oro ma d'argento e montante.

«Montafia domus notum est quoe gesserit alta
Tanta digna quidem nobilitate sua.»

I Montafia furono una famiglia nobile "de hospitio" appartenenti alle casane astigiane.[1]

Ai margini della vita cittadina, sviluppò principalmente i proprii interessi nel contado astigiano svolgendo un'attività prettamente "signorile". Di fazione ghibellina furono legati fino al Quattrocento con i Marchesi di Monferrato.[2] In seguito la famiglia ottenne cariche sotto la dominazione orleanese. Il ramo astigiano si estinse nel 1577.

Origini e storia

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«Sola fra tutte le private famiglie piemontesi, è stata per via di matrimonio, colla Casa Reale di Francia congiunta»

Anna di Montafia

Secondo alcuni autori[3] la famiglia discenderebbe direttamente dai franchi Manfredinghi, il cui capostipite Manfredo fu conte del Sacro Palazzo in Francia nell'VIII secolo.[4][5]

Un ramo della famiglia, i Variselli, che furono signori di Varisella, Montafia, Tigliole, Roatto, Maretto, Piovà, Cerreto, Castelvecchio e Solbrito si diramarono ad Asti estinguendosi nel 1577 in seguito all'assassinio del conte Lodovico ad Aix-en-Provence, un altro ramo si diramò a Carignano.

Le prime notizie della famiglia, trattano di Guglielmo, signore di Montafia nel 1208 e i suoi figli Ruffino ed Oddone che nel 1268 subentrarono al padre. Giacomo ed Ottone nel 1319 erano al seguito del marchese Teodoro Paleologo durante la convocazione del parlamento di Chivasso.

Obertone di Montafia si comportò valorosamente nella battaglia di Gamenario combattuta dalle truppe di Giovanna d'Angiò contro le quelle del Monferrato. Il Montafia venne anche citato subito dopo Martino di Castellinaldo e prima del siniscalco Reforza d'Agoult, in una romanza, in lingua franco-provenzale, composta alla corte del marchese Giovanni II a commemorazione della battaglia.

«…et Martin de chastel Haynault
et Oberton de Montafie
ou Renforsa forment se fye…»

Nel XV secolo la famiglia si legò agli Orleans, Antonio e Baldovino signori di Roatto e di Maretto, fecero atto di sottomissione a Carlo di Valois, che venne rinnovata nel 1448 dopo la sua liberazione dalle carceri inglesi.

Lo stesso argomento in dettaglio: Contea di Asti (età bassomedievale).

Goffredo di Montafia, fu capitano e Stefano podestà di Cherasco, Giorgio cavaliere gerosolimitano e Antonio di Varisella gran scudiero di Francesco I di Francia nel 1532.

L'ultimo conte, Lodovico, signore di Tigliole, Roatto, Maretto e Bonnétable, barone di Lucé, cavaliere reale, gentiluomo di camera di Enrico III di Francia, si sposò a Parigi con Giovanna di Coesme nel 1574. Tre anni dopo ad Aix, il 6 ottobre 1577, venne assassinato dagli uomini del priore di San Martino. Nel testamento predispose di essere seppellito accanto ai suoi avi astigiani nella cappella di Santa Maddalena in Asti.

Lodovico ebbe due figlie, Urbana ed Anna. La seconda sposò Carlo di Borbone-Soissons, conte di Soissons e duca di Enghien, dal matrimonio la figlia Maria nel 1635 si sposò con Tomaso Francesco di Savoia, quartogenito di Carlo Emanuele I.

L'attività economica

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Famiglia aristocratica, i Montafia in principio vissero sulle rendite dei proprii feudi e solo verso la metà del Trecento cominciarono ad operare anche sul prestito di denaro. Nel 1341, risultano mercatores a Magonza, in Germania.

Crearono alcuni banchi in associazione con gli Ottino, i Roero (ad Aquisgrana nel 1362) e gli Asinari (a Deutz e Oberwesel). Essi rimasero nell'area di Colonia fino al principio del Quattrocento. Tra 1378 e 1468 furono presenti nei banchi di pegno a Maastricht.

Le abitazioni

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I resti della casatorre dei Montafia (fine del XIII secolo)

Le case dei Montafia in Asti erano ubicate nel rione Cattedrale, nella zona prospiciente il palazzo Malabayla tra le vie Asinari, Malabayla e Mazzini. La torre della famiglia era in via Mazzini e le case giungevano fino in corso Alfieri. La torre alla fine del XVIII secolo venne abbattuta, dato che non ve ne sono tracce nella carta del Theatrum Statuum Sabaudiae.[6]

La bicromia argento-rosso, tra le più presenti in Asti è tradizionalmente utilizzata dalle famiglie legate all'impero e sono anche i primi colori usati dai comuni pedemontani (Asti, Ivrea, Vercelli, Alessandria, Alba).[7]

Scudo: D'argento alla stella di rosso, carica di una mezza luna del campo, montante

Cimiero: un basilisco

Motto: Sic. Fortis. In Fide.

Lo stemma in arenaria presente al museo civico di Torino e prelevato dal castello di Montafia appartenente a Giorgio conte di Varisella da cui discendette Lodovico assassinato ad Aix, presenta alcune varianti con lo stemma antico dei Montafia: una ruota sostituisce la luna crescente e scompare il motto. Alcuni studiosi accamparono la teoria che questo ramo della famiglia era alleata con la famiglia Roero che nel campo rosso presentava tre ruote d'argento.[8]

  1. ^ S. Grassi, Storia della Città di Asti, Asti, 1894, vol. II, p. 206.
  2. ^ Renato Bordone, Araldica astigiana, Allemandi C.R.A., 2001, p. 123.
  3. ^ Portale Treccani
  4. ^ I Manfredigi o Manfredinghi furono una famiglia franca che diramò in Francia e in Italia del Nord. Il capostipite Manfredo, detto il Cieco, fu gran conte di Longobardia . Un altro Manfredo fu conte di Lodi e di Milano; favorevole ad Arnolfo di Carinzia (alla fine IX secolo) venne condannato a morte dall'imperatore Lamberto. Tra i discendenti ricordiamo Aimone conte di Vercelli.
  5. ^ Niccola Gabiani, Le torri le case-forti ed i palazzi nobili medievali in Asti, A. Forni, 1978, p. 307.
  6. ^ N. Gabiani, Le torri le case forti i palazzi nobili medievali in Asti, Bologna, 1978, Arnaldo Forni Editore, p. 310 e 311.
  7. ^ Natta-Soleri C. e Fè D'Ostani B., Adozione e diffusione dell'arma gentilizia presso il patriziato astigiano, da Araldica astigiana, Allemandi (a cura di Bordone R.), C.R.A. 2001, p. 66.
  8. ^ Niccola Gabiani, Le torri le case-forti ed i palazzi nobili medievali in Asti, Pinerolo, 1906, p. 311.
  • Bera G., Asti edifici e palazzi nel Medioevo. Gribaudo Editore Se Di Co 2004 ISBN 88-8058-886-9
  • Bianco A.Asti Medievale, Ed CRA 1960
    • Asti ai tempi della rivoluzione. Ed CRA 1960
  • Bordone R., Araldica astigiana, Allemandi C.R.A. 2001
    • Dalla carità al credito. C.R.A. 2005
  • Castellani L., Gli uomini d'affari astigiani. Politica e denaro fra il Piemonte e l'Europa (1270 - 1312). Dipartimento di Storia dell'Università di Torino 1998 ISBN 88-395-6160-9
  • Ferro, Arleri, Campassi, Antichi Cronisti Astesi, ed. dell'Orso 1990 ISBN 88-7649-061-2
  • Gabiani Nicola, Asti nei principali suoi ricordi storici vol 1, 2, 3. Tip.Vinassa 1927-1934
    • Le torri le case-forti ed i palazzi nobili medievali in Asti, A. Forni ed. 1978
  • Incisa S.G., Asti nelle sue chiese ed iscrizioni C.R.A. 1974
  • Malfatto V., Asti antiche e nobili casate. Il Portichetto 1982
  • A. M. Patrone, Le Casane astigiane in Savoia, Dep. Subalpina di storia patria, Torino 1959
  • Peyrot A., Asti e l'Astigiano ,tip.Torinese Ed. 1983
  • Sella Q., Codex Astensis qui De Malabayla comuniter nuncupatur, del Codice detto De Malabayla, memoria di Quintino Sella, Accademia dei Lincei, Roma 1887.
  • S. G. Incisa, Asti nelle sue chiese ed iscrizioni C.R.A. 1974.

Voci correlate

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Collegamenti esterni

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  • Araldica astigiana, su comune.asti.it. URL consultato il 28 novembre 2009 (archiviato dall'url originale il 13 luglio 2011).