Palazzo Apostolico
Palazzo Apostolico Residenza ufficiale del Pontefice | |
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Localizzazione | |
Stato | ![]() |
Località | Città del Vaticano |
Indirizzo | Piazza San Pietro |
Coordinate | 41°54′13″N 12°27′23″E |
Informazioni generali | |
Condizioni | In uso |
Costruzione | XI secolo - XIX secolo |
Stile | rinascimentale |
Uso | Residenza ufficiale del Pontefice |
Realizzazione | |
Architetto | Bramante |
Proprietario | Santa Sede |
Il Palazzo Apostolico, chiamato anche Palazzo Vaticano, Palazzo Papale, Palazzo Sacro e anche Palazzo del Vaticano, è la residenza del Vescovo di Roma, e quindi del Pontefice. Prima dell'Unità d'Italia e la conquista sabauda di Roma, nel 1870, ve n'erano molteplici sparsi per Roma, come Palazzo del Laterano o Palazzo del Quirinale. Oggi il Palazzo Apostolico in Vaticano costituisce la residenza di prassi del Papa, anche se l'attuale Pontefice Francesco vive nella Domus Sanctae Marthae [1].
Storia
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Con la denominazione Palazzo Apostolico si indica la residenza del Pontefice, quindi Vescovo di Roma; prima dell'Unità d'Italia e della Breccia di Porta Pia, nel 1870, a Roma vi erano diversi palazzi apostolici oltre a quello attuale in Vaticano, come il Palazzo del Quirinale, poi residenza del re d'Italia ed oggi del presidente della Repubblica, Palazzo del Laterano, Palazzo Venezia, come residenza di Papa Paolo II [2], Palazzo Colonna, come dimora di Martino V Colonna, Palazzo Pontificio a Castel Gandolfo, oggi residenza estiva pontificia, Palazzo dei Papi, ad Avignone, come residenza papale durante la cattività avignonese.


Le prime notizie che si hanno riguardanti ad un palazzo papale presso San Pietro, risalgono all'età di Costantino con Papa Liberio anche se il primo pontefice ad occuparsi di una possibile costruzione di un edificio, sempre presso l'antica basilica, fu Papa Simmaco nel V secolo, il quale vi celebrava concili e concistori. Probabilmente Pelagio II vi dava ricovero a poveri ed anziani della città [3]. Con la caduta dell'Impero romano e le invasioni barbariche, il palazzo ospitò forse Carlo Magno e nello stesso periodo il pontefice Leone III vi eresse nuovi edifici, mentre Leone IV cinse con mura i palazzi già esistenti sul colle Vaticano, da cui prende il nome la Città del Vaticano [4]. Alcuni interventi che si possono vedere ancora oggi, furono opera di Papa Eugenio III mentre si attribuiscono ad Innocenzo III e Niccolò III, l'edificazione di luoghi che avrebbe dovuto ospitare i pontefici in modo permanente [5]. Durante il pontificato di Niccolò III (1277 - 1280), venne costruito un palazzo medievale accanto all'antica Basilica di San Pietro; consisteva in un edificio quadrato a due piani con attorno un cortile, il Cortile di Pappagalli. Tuttavia, questo edificio, simile ad un castello, non era ancora la residenza principale papale [6][7].

Dall'inizio del IV secolo i papi risiedevano, come vescovi di Roma, in un antico palazzo romano adiacente alla Basilica di San Giovanni in Laterano, che diventerà poi l'attuale Palazzo del Laterano. Dopo la Cattività vignonese ed il pontificato di Gregorio XI, papa Urbano VI prese residenza nel palazzo adiacente alla Basilica di San Pietro. Allora inoltre vi era un passaggio tra il palazzo vaticano ed il Castel Sant'Angelo; ad usarlo fu Clemente VII durante il Sacco di Roma nel 1527. Intorno al 1450, Niccolò V fece costruire una struttura circolare a difesa del palazzo papale, detto Torrione di Niccolò V, che oggi ospita la sede della Banca Vaticana che ha il nome di Istituto per le Opere di Religione. Nel XVI secolo, Papa Sisto V commissionò il nuovo Palazzo Apostolico [7]: il 30 aprile 1589 iniziarono i lavori per la versione attuale della residenza apostolica. I suoi successori, i papi Urbano VII, Innocenzo XI e Clemente VIII, portarono a termine i lavori [8].


Il Palazzo Apostolico è un edificio complesso che comprende diversi appartamenti papali, i Musei Vaticani, alcuni uffici governativi della Chiesa cattolica, la Biblioteca Vaticana e un certo numero di cappelle private e pubbliche, tra gli altri edifici. Ci sono oltre 1000 stanze che ospitano uffici di diverse funzioni, compresi uffici amministrativi che non sono necessariamente correlati ai doveri del Papa. Alcune delle rinomate stanze all'interno del Palazzo Apostolico includono la Cappella Sistina e le Stanze di Raffaello [9]. Papa Francesco è il primo pontefice che non soggiorna in questo palazzo, ma vi si reca solo per svolgere le sue attività. Al secondo piano del Palazzo, vi è un appartamento dedicato alle udienze private del Papa con i capi di Stato. È qui che Papa Benedetto XVI annunciò la sua abdicazione, precisamente nella sala del Concistoro.
- L'area del Palazzo apostolico nella I^ metà del XVIII secolo (Pianta di G. B. Nolli)
- Pianta del Palazzo Apostolico (XV sec.)
- Pianta del Palazzo Apostolico (1893-1901)
Cappelle apostoliche
[modifica | modifica wikitesto]Cappella Paolina
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La realizzazione della Cappella Paolina si deve a Papa Paolo III Farnese, eletto nel 1534; lo scopo era quello di edificare una cappella, da affiancarsi a quella costruita dal Pontefice Sisto IV, per custodire il Santissimo Sacramento [10]. Il progetto venne affidato da Antonio da Sangallo il Giovane, che Papa Paolo III aveva nominato architetto di tutte le fabbriche pontificie nel 1536 [11]. La costruzione della Paolina iniziò nel 1537 per poi terminare tre anni più tardi, nel 1540 quando, il 25 gennaio, memoria liturgica della Conversione di san Paolo, la cappella venne solennemente consacrata dal pontefice e dedicata a san Paolo apostolo [12]. Appena concluso il Giudizio universale nella Cappella Sistina, Paolo III incaricò Michelangelo, ormai ultrasessantenne, di decorare la cappella con affreschi e storie dei primi apostoli; l'artista lavorò all'opera lentamente, per quanto gli era possibile tra acciacchi ed impedimenti, mentre contemporaneamente lavorava alla tomba di Giulio II, terminata nel 1545 [13]. Michelangeli dipinse per la Paolina due affreschi: il primo raffigurante la Conversione di Saulo, realizzato tra il 1542 e il 1545, mentre il secondo la Crocifissione di Pietro, realizzato tra il 1546 e il 1550 [14].

La decorazione venne poi completata durante il pontificato di Gregorio XIII, da Lorenzo Sabbatini e da Federico Zuccari che realizzarono altri episodi salienti della vita dei santi Pietro e Paolo. In quell'epoca vennero anche approntati decori in stucco dorati e policromi della volta, simili a quelli contemporanei dispiegati nella Galleria delle Carte Geografiche [15]. Con i pontificati successivi, in particolare durante quello di Alessandro VIII e poi di Benedetto XIV, si ebbero interventi relativi alla parete di controfacciata e alla sistemazione dell'area presbiterale [16]. Durante Papa Benedetto XIV, venne compiuta una pulitura generale dei dipinti e degli stucchi, ad opera di Domenico Spolia. Con Pio IX (1855-1856) si fece un'ulteriore pulitura degli affreschi e la realizzazione dell'affresco in controfacciata di Annibale Angelini. Sotto il pontificato di Leone XIII, si fece il rifacimento degli affreschi dell'abside e restauro della volta, mentre con Pio XI ci fu il restauro degli affreschi di Michelangelo sotto la direzione di Biagio Biagetti [17]. L'ultimo intervento di rilievo è stato quello realizzato sotto Papa Paolo VI, nel 1974, in preparazione del Giubileo del 1975, sotto la direzione di Luigi e Giovanni Carbonara, che hanno supervisionato un radicale riordino dello spazio presbiterale in adesione alle abitudini liturgiche divenute comuni negli anni seguenti il Concilio Vaticano II, mediante la sostituzione dell'altare rivolto al tabernacolo con un nuovo altare staccato dalla parete, di forma ovale, sul quale celebrare guardando i fedeli. Venne inoltre eliminata la balaustra in legno per la comunione e collocato al suo posto un ambone in marmo scolpito. Il pavimento fu ricoperto da una moquette rossa, e così le pareti laterali fino all'altezza degli affreschi .

Un altro restauro ci fu nel 2002, diretto da Arnold Nesselrath, finanziato dai Patrons of the Arts e condotto dal Laboratorio Restauro Dipinti dei Musei Vaticani, sotto la supervisione di Maurizio De Luca; l'intervento ha interessato il recupero delle cromie originarie degli stucchi e degli affreschi, in particolare dei due dipinti di Michelangelo, dei quali si sono occupati direttamente De Luca (Crocifissione di Pietro) e Maria Ludmila Pustka (Conversione di Saulo), con la rimozione dovute a manomissioni successive [18]. Durante i lavori è stato rimosso il rifacimento risalente al pontificato di Paolo VI. Si è provveduto, con l'approvazione di papa Benedetto XVI che ha visitato il cantiere il 25 febbraio 2009, a ricomporre il vecchio altare marmoreo, staccandolo però dalla parete di fondo così da rendere possibile la celebrazione eucaristica sia “versus populum” che “versus crucem”; è stato tolto l'ambone e rimessa al suo posto la balaustra. Rimossa la moquette che copriva sia la parte inferiore delle pareti, sia il pavimento, queste ultime sono state restituite al loro aspetto originale [19]. Infine sono stati restituiti il pavimento marmoreo dell'epoca di Gregorio XVI e la zoccolatura delle pareti in finto marmo, realizzata sotto Pio IX, ed è stato realizzato un sofisticato e complesso impianto di illuminazione a LED con luce bianca con corpi illuminanti non visibili dal piano della cappella ad eccezione di quelli relativi agli otto angeli dadofori [20][21][22].
Cappella Sistina
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Le prime notizia della Cappella si ha nel 1368 per poi essere decorata l'anno successivo da Giottino e da Giovanni da Milano [23]. Dopo la fine della Cattività avignonese ed il progetto di riqualificazione urbana iniziata a partire da Papa Martino V, il Pontefice Sisto IV iniziò un'opera di ricostruzione e decorazione della Cappella del Palazzo Apostolico, che prese poi il suo nome, appunto Sistina. Il progetto prese vita nel 1473 su disegno di Baccio Pontelli, e si attuò nel 1477 quando vennero abbattuti i resti ormai fatiscenti dell'ambiente precedente, sfruttandone le fondazioni e la base dei muri sani per la nuova cappella. Pare che le pareti medievali venissero conservate fino all'altezza della prima cornice, giustificando le irregolarità in pianta [24]; i lati maggiori infatti convergono verso quello di fondo, il quale a sua volta non è perfettamente parallelo a quello dell'altare[25]. Tutto l'edificio venne comunque rivestito di una cortina laterizia e rinforzato da un basamento a scarpa; furono realizzate nuove volte sia nella copertura, sia negli ambienti dei maestri di cerimonia al di sotto della cappella [25]. Le funzioni della cappella non mutarono rispetto alla precedente e a quella analoga nel Palazzo dei Papi di Avignone, come sede delle più solenni cerimonie del calendario liturgico svolte dalla corte papale. Tale necessità richiedeva una cornice particolarmente fastosa, che mostrasse inequivocabilmente la Maiestas papalis ai partecipanti ammessi al cerimoniale, che erano essenzialmente il collegio dei cardinali, i generali degli ordini monastici, i diplomatici accreditati, i membri di grado più alto nella compagine statale pontificia, il senatore e i conservatori della città di Roma, i patriarchi, i vescovi e i principi o le personalità eminenti in visita. A costoro si aggiungeva una folla di altri personaggi ammessa ad assistere alle funzioni oltre la transenna marmorea che separa tutt'oggi la cappella papale vera e propria (con l'altare)[24].


La costruzione venne avviata nel 1477 con la supervisione ai lavori di Giovannino de' Dolci. Nell'estate del 1481 doveva essere già conclusa, poiché è già documentato lo svolgimento della decorazione ad affresco delle pareti [24]. L'aspetto dall'esterno doveva essere grandioso, paragonabile solo con edifici di età imperiale. La consacrazione della cappella risale alla prima messa del 15 agosto 1483, quando venne dedicata all'Assunzione della Vergine Maria. Papa Giulio II, nato della Rovere fece restaurare la volta con catene, sia sopra la volta principale sia negli ambienti inferiori, rendendola di nuovo agibile solo dopo la metà di ottobre. La lunga crepa, che si è scoperto partire dall'angolo nord-est, venne tamponata con l'inserimento di nuovi mattoni, forse nell'estate del 1504 [26]. La decorazione della volta di Piermatteo d'Amelia risultò così danneggiata irreparabilmente. L'idea di far rifare la decorazione della volta a Michelangelo Buonarroti venne a Giulio II nell'aprile del 1506, come testimonia una lettera inviata allo stesso Michelangelo dal capomastro fiorentino Piero Rosselli, il quale aveva ascoltato la notizia dalla voce del papa stesso. La precipitosa fuga da Roma di Michelangelo, per via degli intrighi che avevano bloccato il suo grandioso progetto della "Sepoltura" del papa, sospese il progetto fino alla riappacificazione col papa, che avvenne nel 1507. Nel 1508 quindi l'artista tornò a Roma e sottoscrisse il contratto; il lavoro venne completato entro il 31 ottobre 1512[27]. La decorazione della volta incontrò numerose difficoltà, tutte brillantemente superate dall'artista e dai suoi collaboratori. Per essere in grado di raggiungere il soffitto, Michelangelo necessitava di una struttura di supporto; la prima idea fu del Bramante, che volle costruire per lui una speciale impalcatura, sospesa in aria per mezzo di funi. Ma Michelangelo temeva che questa soluzione avrebbe lasciato dei buchi nel soffitto, una volta completato il lavoro, così costruì un'impalcatura da sé, una semplice piattaforma in legno su sostegni ricavati da fori nei muri posti nella parte alta vicino alle finestre. Questa impalcatura era organizzata in gradoni in modo da permettere un lavoro agevole in ogni parte della volta. Il primo strato di intonaco steso sulla volta cominciò ad ammuffire perché era troppo bagnato. Michelangelo dovette rimuoverlo e ricominciare da capo, ma provò una nuova miscela creata da uno dei suoi assistenti, Jacopo l'Indaco. Questa non solo resistette alla muffa, ma entrò anche nella tradizione costruttiva italiana. Inizialmente Michelangelo era stato incaricato di dipingere solo dodici figure, gli Apostoli, ma quando il lavoro fu finito ve ne erano presenti più di trecento. Dell'impresa restano numerosi disegni, che rappresentano un documento molto prezioso.


In seguito anche Leone X desiderò legare il proprio nome all'ineguagliabile prestigio della Sistina, fino ad allora patrocinata da pontefici della famiglia Della Rovere: decise allora di donare una serie di preziosi arazzi intessuti a Bruxelles su disegno di Raffaello Sanzio alla fine del 1514. Gli arazzi, intessuti nella bottega di Pieter van Aelst, mostrano le Storie dei santi Pietro e Paolo, i cui soggetti avevano precise corrispondenze con i riquadri affrescati nel registro mediano [28]. Questi arazzi, che ricoprivano la zona destinata al papa e ai religiosi separata dalla transenna marmorea, erano utilizzati nelle solenni festività e si leggevano, come le storie soprastanti, dalla parete dell'altare [29]. Attraverso la celebrazione dei primi due "architetti della Chiesa", Pietro e Paolo apostoli rispettivamente verso gli Ebrei e verso i "Gentili", si riaffermava il collegamento col pontefice regnante, loro erede [29]. Quando i primi sette arazzi arrivarono dalla Fiandra e furono collocati il 26 dicembre 1519 il cerimoniere Paris de Grassis annotò: «tota cappella stupefacta est in aspectu illorum» [29]. L'ultima grande decorazione della cappella fu voluta da Clemente VII, che commissionò, ancora a Michelangelo, l'enorme affresco del Giudizio universale (1536-1541), in gran parte dipinto al tempo di Paolo III Farnese, che rappresentò anche il primo intervento "distruttivo" nella storia della Cappella, stravolgendo l'originale impostazione spaziale e iconografica, che si era delineata nei precedenti apporti fino ad allora sostanzialmente coordinati [30]. La prima menzione dell'intenzione del pontefice si ha in una lettera di Sebastiano del Piombo a Michelangelo, datata 17 luglio 1533, che lo invitata a tornare a Roma. Nonostante le iniziali resistenze di Michelangelo, nel 1533 esse furono vinte, e nel 1534 lasciò definitivamente Firenze, anche per l'insofferenza verso il nuovo duca Alessandro, nonché la sua crescente disaffezione verso le opere fiorentine che ormai si trascinavano sempre più stancamente[31].

Il Giudizio Universale fu oggetto di una pesante disputa tra il cardinale Carafa e Michelangelo: l'artista venne accusato di immoralità e intollerabile oscenità, poiché aveva dipinto delle figure nude, con i genitali in evidenza, all'interno della più importante chiesa della cristianità, perciò una campagna di censura (nota come "campagna delle foglie di fico") venne organizzata dal Carafa e monsignor Sernini (ambasciatore di Mantova) per rimuovere gli affreschi. Giorgio Vasari racconta che, quando il maestro di cerimonie del papa, Biagio da Cesena, accusò il lavoro di Michelangelo apostrofandolo come più adatto a un bagno termale che a una cappella, Michelangelo raffigurò i suoi tratti nella figura di Minosse, giudice degli inferi; quando Biagio da Cesena si lamentò di questo con il papa, il pontefice rispose che la sua giurisdizione non si applicava all'inferno, e così il ritratto rimase. Secondo altri studiosi [32], invece, il personaggio raffigurato in forme caricaturali nel Minosse sarebbe Pierluigi Farnese, figlio di papa Paolo III, noto a Roma per essere un sodomita violento e per aver abusato sessualmente di un giovane ecclesiastico causandone la morte. In coincidenza con la morte di Michelangelo, venne emessa una legge per coprire i genitali ("Pictura in Cappella Ap.ca copriantur"). Così Daniele da Volterra, un apprendista di Michelangelo, dipinse tutta una serie di panneggi e perizomi detti "braghe", che gli valsero il soprannome di "Braghettone".


Quando il Mahatma Gandhi visitò nel 1931 la Cappella Sistina, la sua attenzione fu colpita, più che dagli affreschi di Michelangelo, dal Crocifisso dell'altare della cappella. Intorno a quel Crocifisso – che rappresenta un Gesù magrissimo, dimesso e sofferente, ben diverso dal Gesù corpulento e forte del Giudizio Universale – Gandhi indugiò per parecchi minuti, esclamando infine: «Non si può fare a meno di commuoversi fino alle lacrime» [33]. Gli affreschi che Michelangelo ha realizzato nella Cappella Sistina, e in particolare quelli della volta e delle lunette che l'accompagnano sono stati sottoposti nel corso dei secoli a un certo numero di restauri, i più recenti dei quali si sono svolti tra il 1980 e il 1994. Questi ultimi hanno provocato stupore presso gli studiosi e gli amanti dell'arte [34] poiché sono stati portati alla luce colori e particolari che la patina scura aveva nascosto per secoli. Particolarmente controversa fu la scelta da adottare per la rimozione o meno delle "braghe" di Daniele da Volterra. Si scelse di rimuovere la maggior parte dei perizomi tranne quelli nelle figure principali, ormai entrati nell'immaginario collettivo, come quello della figura di Daniele; comunque, una copia fedele e senza censure dell'originale, di Marcello Venusti, è oggi a Napoli al Museo di Capodimonte. Nella Cappella Sistina avviene il Conclave che porta l'elezione del Pontefice.
Cappella Niccolina
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Situata nel cuore del Palazzo Apostolico, vicino alle Logge di Raffaello e dagli spazi dove si sarebbe sviluppato in seguito l’Appartamento di Giulio II e Leone X, la Cappella Niccolina deve il suo nome a papa Niccolò V che ne ordinò la costruzione in corrispondenza degli ultimi due piani della torre fatta costruire da Innocenzo III (1198-1216). Con l'elezione al soglio pontificio di Niccolò V (6 marzo 1447) sono registrati tre ordini di pagamento (datati dal 9 maggio al 1º giugno 1447) relativi agli affreschi della cappella privata del papa, forse iniziati già sotto Eugenio IV. Nell'estate del 1447 l'Angelico ed i suoi collaboratori ricevettero una dispensa per recarsi temporaneamente a lavorare ad Orvieto, nella Cappella di San Brizio, dove lasciarono due affreschi in altrettanti spicchi della volta, per fare ritorno a Roma a metà settembre. Entro la fine del 1448 la decorazione della cappella doveva essere terminata e il 1º gennaio 1449 l'Angelico ricevette la commissione di un nuovo lavoro, la decorazione del perduto studio-biblioteca di Niccolò V, che forse era attiguo alla cappella e che era probabilmente opera meno estesa e impegnativa, terminata entro il ritorno dell'artista a Firenze, nei primi mesi del 1450.

La cappella Niccolina è a pianta rettangolare e consta di tre pareti, decorate ciascuna nel registro superiore da un grande lunettone con un affresco unico composto da due Storie di santo Stefano; il registro mediano è invece composto da due scene separate per parete con Storie di san Lorenzo, tranne la parete sinistra, con le finestre, che contiene una sola storia; il registro inferiore, dove si aprono alcune porte, è infine decorato da una finta tappezzeria verde, oggi in larga parte ridipinta successivamente con una predominanza di colori rosso e oro. Le pareti sono di dimensioni uguali, ma l'arcone di entrata e quello che incornicia la parete centrale hanno uno spessore voltato a botte che dà origine alla forma rettangolare del pavimento; qui si trovano affrescati a grandezza naturale otto Padri della Chiesa sotto nicchioni architettonici dipinti (Tommaso d'Aquino, Ambrogio, Agostino e Bonaventura/Girolamo), mentre nel sottarco sotto l'altare si trovano i santi Atanasio, Leone Magno, Gregorio Magno e Giovanni Crisostomo. Negli sguanci delle finestre sono inseriti rosoni e medaglioni con santi, di mano di aiuti. Nella volta infine si trovano i quattro Evangelisti, seduti su nubi su sfondo azzurro stellato. Il Vasari descrive anche come sull'altare si trovasse una pala con la Deposizione, ma non si hanno tracce di quest'opera oltre la sua menzione [35].
Cappella Redemptoris Mater
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Situato al secondo piano dell'Apostolico, la Cappella ha il suo ingresso proprio dietro il grande orologio del cortile di San Damaso. Inizialmente era nota con il nome di cappella Matilda per poi essere re-intitolata da Papa Giovanni Paolo II, in occasione dell'Anno Mariano 1987-1988 e della pubblicazione della sua lettera enciclica Redemptoris Mater il 25 marzo 1987. Il 10 novembre 1996, al termine delle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario della sua ordinazione sacerdotale, Giovanni Paolo II annunciò che il denaro offerto dai cardinali per l'anniversario sarebbe stato utilizzato per ridecorare la cappella. Il 14 novembre 1999 presiedette la dedicazione della rinnovata cappella. Il lavoro decorativo fu realizzato dal Laboratorio di Arte Spirituale del Centro Studi e Ricerche Ezio Aletti, guidato dal padre gesuita Marko Ivan Rupnik. La decorazione è interamente realizzata con mosaici. Durante la celebrazione della dedicazione, il papa sottolineò la dimensione ecumenica che voleva dare a questa cappella: "Sono lieto di consacrare l'altare e di inaugurare la cappella rinnovata, nei cui mosaici rivive la ricchezza della tradizione orientale riletta con la consapevolezza di chi conosce anche quella occidentale. Qui l'Oriente e l'Occidente, lungi dal contrapporsi tra loro, si scambiano i doni nell'intento di esprimere meglio le insondabili ricchezze di Cristo". Ogni muro ha un tema. Sopra l'altare è rappresentata la Gerusalemme celeste, sul lato sinistro, l'Incarnazione del Verbo, sul lato destro, l'Ascensione e la Pentecoste e, sopra la cattedra, la Parusia.

Papa Giovanni Paolo II considerava la cappella un simbolo ecumenico per le varie Chiese orientali e occidentali che si uniscono nel papato. Notò che la cappella ha un particolare valore ecumenico e funge da importante presenza della tradizione orientale nella Città del Vaticano [36]. L'autore del programma iconografico dei mosaici della cappella è il professor Oleg Ul'janov [37]. Ogni anno, fino al 2013, gli esercizi spirituali della Curia romana venivano predicati in questa cappella alla presenza del papa. È anche in questa cappella che il papa a volte prega con rappresentanti di altre confessioni cristiane, come il primate della Comunione anglicana Rowan Williams, il 23 novembre 2006, o il Catholicos armeno di Cilicia Aram I, il 24 novembre 2008.
Cappella di Urbano VIII
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La cappella nasce nel 1631 quando gli architetti pontifici, su richiesta di Papa Urbano VIII Barberini, destinarono a funzioni liturgiche una cameretta di 5 metri per 4,40, coprendola di una volta lunettata e decorandola con ricchi ornati di stucco dorato. Posta nell’angolo sud-ovest della Torre Borgia, contigua alla Stanza dell’Incendio di Borgo, il piccolo ambiente diveniva la cappella privata “dell’appartamento vecchio” corrispondente alle Stanze decorate da Raffaello e utilizzate dai pontefici per quasi tutto il Cinquecento come dimora pontificia. Gli affreschi raffigurano Storie della Passione di Cristo. Nelle lunette compaiono la Flagellazione, l’Incoronazione di spine, l’Incontro di Cristo con la Veronica, mentre sulla volta, il riquadro centrale con Cristo nell’orto è circondato da angioletti con strumenti della Passione. La decorazione pittorica fu affidata al pittore fiorentino Alessandro Vaiani che iniziò il lavoro poco prima di morire, probabilmente assistito dalla figlia Anna Maria.
La pala d’altare ad affresco raffigurante una Pietà con la Madonna, San Giovanni, Santa Maria Maddalena e Nicodemo fu, invece, realizzata qualche anno dopo, nel 1635, da Pietro da Cortona. Non si sa quale fosse l’aspetto originario delle pareti oggi decorate da corami (provenienti dal Palazzo Apostolico Vaticano e montati in cappella probabilmente nella seconda metà dell’Ottocento). Prezioso elemento decorativo di dimore ricche e nobili, i corami erano una sorta di antiche carte da parati in cuoio costituite da pelli di capra, montone o vitello appositamente trattate con elementi vegetali ed in seguito rivestite da una lamina d’argento o di stagno. Il singolare aspetto dorato che caratterizza tali manufatti si otteneva stendendo sull’intera superficie vernici a base di olio di lino e resine miste ad aloe o zafferano, dal colore giallognolo, che sfruttava in trasparenza la luminosità della lamina metallica, simulando così l’effetto dell’oro Cappella di Urbano VIII [38].
Cappella privata del Papa
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La Cappella privata del Papa fa parte delle stanze che fanno parte dell'appartamento papale del Palazzo Apostolico. Papa Sisto V (1585-90) ordinò la costruzione di quello che divenne il nucleo funzionale del Palazzo, a est del Cortile San Damaso e che sbircia oltre il colonnato sul lato nord-ovest di Piazza di San Pietro. È un enorme isolato di quattro piani attorno al suo piccolo cortile (Cortile di Sisto V), con un'ala lungo il lato nord del Cortile San Damaso. I papi recenti avevano l'abitudine di recitare l'Angelus la domenica da una finestra che si affaccia sulla Piazza. I papi dopo Sisto, fino a Papa Francesco, avevano questa parte del palazzo come residenza privata. Fino a Papa San Pio X, gli Appartamenti Papali occupavano il terzo piano. Il piano superiore ospitava i servi, una tradizione in Italia (come in altri paesi europei) perché soffre di temperature più estreme rispetto a quelle più in basso. Tuttavia, Papa San Pio apparentemente preferì non avere nessuno che vivesse sopra di lui e spostò i suoi alloggi all'ultimo piano.

Ciò comportò l'allestimento di una nuova cappella in cui il papa poteva celebrare la messa da solo, la Cappella Privata del Papa, e la conversione della Sala Matilde negli ex appartamenti nella Cappella Matilde (ora Cappella Redemptoris Mater) come cappella in cui il papa poteva comodamente dire una messa "privata" quando desiderava celebrare con ospiti invitati. Questo fu solo l'ultimo cambiamento in una serie storica di cappelle papali private nel Palazzo, poiché i papi cambiarono le loro suite residenziali e le loro preferenze per dove potevano dire una messa puramente privata. Al tempo di Pio XII, l'arredamento era piuttosto Luigi XIV, con carta da parati rossa floccata sulle pareti e pavimento in marmo rosso. L'arredamento era dorato, così come il frontale dell'altare in metallo cesellato e arricciato. L'altare aveva un baldacchino di stoffa e un comune crocifisso con un corpo d'avorio come pala d'altare. Il soffitto mostrava l'araldica del pontefice regnante. A parte quest'ultimo, apparentemente Papa Pio fece lasciare la cappella invariata al suo insediamento perché gli piaceva molto. La sua pietà e devozione non erano in discussione, ma l'estetica della cappella attirò commenti curiali che potevano essere spiritosi e dispettosi, o semplicemente dispettosi. (Vult prandium meum revertere ad lumen - "Il mio pranzo desidera tornare alla luce", ovvero "Voglio vomitare".) Tuttavia Papa San Paolo VI ordinò uno sventramento completo e un riadattamento dopo il Concilio Vaticano II, e la cappella ora non assomiglia per nulla alla sua precedente recensione. L'architetto supervisore era Dandolo Bellini, che assunse un gruppo di importanti artisti religiosi moderni italiani. Papa San Giovanni Paolo II era solito invitare ospiti ad alcune delle sue messe qui, in particolare vescovi in visita ad limina. Tuttavia, papa Benedetto XVI ha fermato tutto.

Nel 2005, per papa Benedetto, è stata effettuata una ristrutturazione completa, tardiva e costosa degli appartamenti papali. Tuttavia, papa Francesco, quando è stato eletto nel 2013, si è rifiutato di prendere residenza negli appartamenti e ha invece occupato una suite nella Domus Sanctae Marthae. Quindi, la cappella è attualmente in disuso. Di fatto, la cappella privata di Papa Francesco è ora Santo Spirito della Domus Sanctae Marthae [39].
Sale pontificie
[modifica | modifica wikitesto]Portone di Bronzo
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Il portone di bronzo costituisce l'entrata principale al Palazzo Apostolico dal 1663: si trova alla fine dell'edificio ad un solo piano, a destra se si guarda la Basilica Vaticana, che collega San Pietro al Colonnato del Bernini. E' sorvegliato da un picchetto della Guardia svizzera pontificia. Il corridoio che si trova una volta entrati porta alla Scala Regia, la quale a sua volta conduce alle Sale Regia e Ducale. Tale scala, che costituisce l'ingresso alla Basilica, è adornata da due statue equestri, una ritraente Costantino I mentre l'altra Carlo Magno. È da notare che l'antico ed attuale accesso al complesso vaticano, corrispondente al Portone di bronzo, pur dopo la realizzazione del colonnato, non venne interrotto ma rimase in asse con la stessa Scala Regia e il cinquecentesco percorso rettilineo di Borgo Nuovo proveniente da Ponte Sant'Angelo [40][41].

Venerdì 12 ottobre 2007, Papa Benedetto XVI emanò una lettera riguardo all'inaugurazione del portone bronzeo a seguito di una ristrutturazione:
"Venerati Fratelli, illustri Signori e Signore, cari fratelli e sorelle! Ci siamo dati appuntamento in questo luogo che costituisce l’ingresso principale al Palazzo Apostolico, per benedire e inaugurare il Portone di Bronzo completamente restaurato dopo due anni di paziente e ingegnoso lavoro. Si tratta di un evento di per sé non di grande rilievo, ma significativo per la funzione che questo singolare Portone svolge e per i secoli di storia ecclesiale che esso ha visto scorrere. Vi ringrazio pertanto per la vostra presenza e a ciascuno di voi rivolgo il mio cordiale saluto. Questo Portone fu realizzato da Giovanni Battista Soria e Orazio Censore durante il pontificato di Paolo V, che tra il 1617 e il 1619 volle rinnovare completamente l’intera struttura della Porta Palatii. Nel 1663, dopo il colossale intervento architettonico dovuto al genio di Gian Lorenzo Bernini, esso fu spostato nell’attuale posizione, cioè sulla soglia tra il Colonnato di Piazza San Pietro e il Braccio di Costantino. Usurato dal tempo, si pensò di restaurarlo in occasione del Grande Giubileo del 2000, ma questa operazione di radicale ripristino si è resa possibile solo qualche anno dopo. Il Portone è stato così smontato e non solo accuratamente ricondotto alla sua bellezza originaria secondo i metodi e le tecniche più moderni, bensì anche consolidato con un’anima di acciaio. Ed ora ha ripreso il suo posto e la sua funzione, sotto il bel mosaico raffigurante la Madonna col Bambino tra i Santi Pietro e Paolo. Proprio perché segna l’accesso alla Casa di colui che il Signore ha chiamato a guidare come Padre e Pastore l’intero Popolo di Dio, questo Portone assume un valore simbolico e spirituale. Lo varcano coloro che vengono per incontrare il Successore di Pietro. Vi transitano pellegrini e visitatori diretti nei vari Uffici del Palazzo Apostolico. Esprimo di cuore l’auspicio che quanti entrano per il Portone di Bronzo possano sentirsi sin dal loro ingresso accolti dall’abbraccio del Papa. La Casa del Papa è aperta a tutti. Il mio pensiero di apprezzamento e la mia riconoscenza vanno a quanti hanno reso possibile questa urgente e radicale opera di restauro. Prima di tutto a chi ha diretto e realizzato i lavori nelle loro diverse fasi: ai Servizi Tecnici del Governatorato e ai Laboratori di Restauro dei Musei Vaticani, che si sono avvalsi della competenza di ditte specializzate per le parti in legno e in metallo. E’ stato possibile affrontare questo lungo e impegnativo intervento grazie al generoso sostegno finanziario dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro e dell'Artigiancass. Pertanto, esprimo viva gratitudine a questi due Istituti, che hanno voluto così rinnovare un’espressione di fedeltà al Sommo Pontefice e di attenzione ai beni artistici della Santa Sede. Il mio grazie più sincero si estende a quanti, in vario modo, hanno offerto il loro contributo. Ed ora ai responsabili, alle maestranze ed ai benefattori, come pure a ciascuno di voi qui presenti assicuro un ricordo nella preghiera, mentre con affetto imparto a tutti la Benedizione Apostolica" [42].
Scala Regia
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La Scala Regia è la rampa che collega la Basilica di San Pietro al Palazzo Apostolico; venne progettata da Antonio da Sangallo il Giovane nella prima metà del XIV secolo, successivamente modificata grandemente dal Bernini, a partire dal 1663. E’ caratterizzata dalla presenza di muri laterali convergenti e da un colonnato voltato a botte che mediante un effetto ottico particolare la fa sembrare molto più lunga di quello che è in realtà. La profondità prospettica, abbinata al graduale aumento della fonte luminosa, crea un effetto scenografico molto particolare che offre la sensazione di ascendere a un luogo spirituale più che materiale. L'ingresso della rampa è adornato in alto dallo stemma di Papa Alessandro VII, in mezzo a due angeli, mentre alla base c'è una grande statua equestre di Costantino, scolpita dal Bernini nel 1670.

Costantino a cavallo viene scolpito nella pietra nel momento in cui ebbe la visione della croce, durante la prima della Battaglia di Ponte Milvio. A livello simmetrico a Costantino a cavallo, del Bernini, vi è una stata sempre equestre di Carlo Magno realizzata dal Cornacchini, terminata nel 1725. La Scala Regia di fatto è l’ingresso ufficiale al Palazzo Apostolico e vi si accede attraverso il grande portone di bronzo situato sul lato nord di Piazza San Pietro. Salendo le rampe si arriva nella grande Sala Regia, collegata sia alla Cappella Sistina che alla cappella parva del pontefice, la Cappella Paolina.
Sala Regia
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La Sala Regia, a cui si accede tramite la Scala Regia, venne progettata da Antonio da Sangallo il Giovane tra il 1540 ed il 1573; il nome si deve probabilmente alla funzione dell'ambiente, ovvero quella di ricevere i sovrani durante le visite ufficiali. La prima testimonianza di una aula prima o maiorem risale ai tempi di papa Niccolò III [43]. Oggi la Sala Regia ospita gli incontri ufficiali tra il Pontefice in carica ed il Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Dalla Sala Regia si arriva direttamente all’Aula delle Benedizioni ma anche alla Sala Ducale ed alle due Cappelle Paolina e Sistina. Numerosi furono gli artisti che decorarono la sala, come Perin del Vaga che lavorò agli stucchi della volta e alle preziose vetrate che finirono distrutte nel Settecento. Suoi sono anche gli stucchi che incastonano gli ignudi realizzati da Daniele da Volterra. Le pareti e la volta sono ricoperti interamente di affreschi e stucchi. Uno dei lavori più noti riguarda la raffigurazione della Battaglia di Lepanto: fu voluta da Papa Pio V, santo, che la commissionò al Vasari e si trova sulla parete ovest della Sala, nello spazio che c’è tra la porta che si apre sulla Cappella Sistina e la porta che conduce direttamente alla Scala Regia. Tra gli altri artisti che misero mano alle opere della Regia vi sono anche Francesco Salviati e Lorenzo Sabatini, Livio Agresti e Giovan Battista Fiorini, Taddeo Zuccari e Federico Zuccari ma anche Orazio Samacchini, Giovanni Maria Zoppelli e Raffaellino da Reggio. Qui riportata una lettere che Giorgio Vasari scrisse a Vincenzo Borghini, spedalingo dello Spedale degli Innocenti, il 5 febbraio del 1573 [44]:

"Nella sala dei Re si lavora a dilungo a fresco, e lunedì ci anderò io a lavorare a dilungo per dar fine a questo lavoro di questa sala, cominciata da Perino, Daniello, Francesco Salviati, Giuseppe Porta, il Sermoneta, Livio da Frulli, Orazio Samacchini, Giombattista Fiorini, Giovanni Modanese, Arrigo Fiammingo, Taddeo Zuccari e Federigo suo fratello e Giorgio Vasari, che sono 12 maestri, e il Vasari 13, che con Paolo III, Giulio IIII, Marcel II, Paulo IV, Pio IV, Pio V, che son sei papi, che ognun ha provato 2 pittori, che so’ 12: Gregorio XIII ha per dargli fine adoperato me per terzo decimo pittore, e gli succede così ben questa opera, che pittor più non v’arà a far sopra. E nel vero questi cartoni riescano ricchi e invenzioni belle e buone figure, e se si coloriscano al solito se ne arà onore, e sarà fatto questa Sala, in 9 mesi, quello che ha penato già presso a 28 anni, che se gli diè principio, aver fine» [44].
Sala Ducale
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Originariamente la Sala era originariamente divisa in due stanze separate, che vennero poi unite dal Bernini che nascose abilmente un grande arco di dimensioni gigantesche tra le due stanze, con un grandioso soffitto a forma di drappeggio sorretto da cherubini vorticosi. La volta è decorata con immagini di Raffaello da Reggio e Lorenzo Sabatini, con pannelli di Marco Pino. Le pareti sono decorate con paesaggi di Paul Brill. Alcune delle lunette e delle pareti sono state decorate con affreschi più moderni. Lo stemma sulle pareti è quello di Papa Pio IV, nato Medici, che aveva decorato parte della cappella. Il suo stemma raffigura le "monete" medicee, simbolo della famiglia di banchieri di Firenze.

La Sala Ducale svolgeva un ruolo importante nelle solenni liturgie papali: storicamente, secondo un protocollo consolidato, i papi iniziavano la loro processione qui, in piviale e tiara, salendo sulla sedia gestatoria e procedendo con la corte papale verso la Basilica Vaticana per la messa solenne. Questo era un evento raro che di solito accadeva solo poche volte all'anno, poiché vi erano liturgie comunemente celebrate nella Cappella Sistina. Tutto questo finì con le modifiche apportato all'inizio del 1968, quando la corte papale (Aula Pontificia) fu riorganizzata e rinominata "Casa Pontificia" [45].
Logge di Raffaello
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Il complesso delle Logge di Raffaello comprende tre ambienti su diversi piani del Palazzo Apostolico, affrescate su disegno di Raffaello dalla sua bottega. Le finestre si affacciano sul Cortile di San Damaso. Le Logge vennero progettate da Bramante come prospetto per l'antico palazzo di Niccolò III, su desiderio di Giulio II. I lavori proseguirono poi sotto il pontificato di Leone X, con la soprintendenza di Raffaello dopo la morte dell'architetto. La decorazione, a stucco e a fresco, venne affidata a Raffaello ed alla sua bottega, in quel periodo attiva anche nelle Stanze Vaticane. La prima loggia a venire decorata fu ,tra il 1518 ed il 1519, quella al secondo piano, poiché confinante con l'appartamento papale. Si tratta di una lunga galleria (65 metri, per una larghezza di circa 4), in cui lavorarono i vari allievi del Sanzio, talvolta su disegno del maestro, che a quell'epoca era impegnatissimo col cantiere della Basilica Vaticana ed altre vaste imprese. La Loggia confina, sul lato opposto a quello del cortile, con la Sala di Costantino e la Sala dei Palafrenieri.

Il secondo ambiente a venire decorato, negli stessi anni, è la cosiddetta Prima Loggia, al piano nobile, dove però gli affreschi raffaelleschi, tra l'altro pare interamente della bottega e di scarsa qualità, già molto compromessi vennero sostituiti da una nuova decorazione nella seconda metà dell'Ottocento. L'ultima loggia, al terzo piano, fu decorata dopo il 1550 da Giovanni da Udine, allievo di Raffaello; è affiancata da un ambiente più piccolo, la cosiddetta Loggetta del Cardinale Bibbiena, affacciata sul Cortile del Maresciallo e vicina agli appartamenti del cardinale Bernardo Dovizi da Bibbiena. In questo ambiente, databile al 1519, vi sono ancora raffinate grottesche della scuola di Raffaello [46].
Sale delle udienze
[modifica | modifica wikitesto]Queste sono le varie sale delle udienze impiegate dal Pontefice:
- Sala Clementina
- Sala della Consistorio
- Sala del Sediari
- Sala di Sant'Ambrogio (Sala degli Svizzeri)
- Sala delle statue (Sala d'angolo)
- Sala dei Papi (Sala degli Arazzi)
- Sala dei Dipinti (Sala di Urbano VIII)
- Sala degli Evangelisti (Sala del Trono)
- Stanza del Salvatore (Stanza degli Ambasciatori)
- Sala della Madonna (Sala dei Papi)
- Sala di Santa Caterina (Sala di San Giovanni)
- Sala dei Santi Pietro e Paolo (Sala del Trono Piccola)
- Biblioteca privata papale


La sala più grande è la Sala Clementina, a due piani, costruita e intitolata intorno al 1598 da Papa Clemente VIII. Quando vengono ricevuti ospiti di alto rango, sono i primi ad essere condotti in Sala Clementina dalle logge. Quindi si fanno strada attraverso tutte le seguenti sale di ricevimento per essere finalmente ricevuti dal Papa nella biblioteca privata cerimoniale papale. La Sala dei Dipinti, già Sala di Urbano VIII, dà accesso all'omonima cappella, istituita sotto Urbano VIII. Questa cappella ha finestre sul Cortile di Sisto V ed è dominata da un dipinto della Natività del 1637 del Romanelli. La Cappella è usata raramente, ma Papa Benedetto XVI la benediceva ogni anno, il giorno della festa di Sant'Agnese, gli agnelli la cui lana veniva poi usata per confezionare i palli [47].
Sala Clementina
[modifica | modifica wikitesto]La Sala Clementina è una delle sale del Palazzo Apostolico che venne costruita nel XVI secolo per volere di papa Clemente VIII in onore di Papa Clemente I, il terzo successore di San Pietro. La Sala Clementina è ricoperta da affreschi rinascimentali e varie opere d'arte di notevole importanza. La sala è usata dal Pontefice come sala per le udienze a delegazioni di particolare importanza, come il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, il collegio dei cardinali, le varie conferenze episcopali. Nella Sala Clementina viene inoltre esposto, dopo la morte, il corpo del Papa affinché i membri della curia e le delegazioni straniere possano rendergli omaggio prima della traslazione nella Basilica di San Pietro [48].
Sala del Concistoro
[modifica | modifica wikitesto]La Sala del Concistoro è una grande sala situata nella terza loggia del Palazzo Apostolico; la sala si trova nell'ala residenziale della residenza vaticana, aggiunta da Papa Sisto V. Fu decorato su commissione di Papa Clemente VIII, il cui stemma è presente sul soffitto dell'ambiente Nelle Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori, Giorgio Vasari descrive Giovan Francesco Penni come l'autore di gran parte dei disegni per gli arazzi di Raffaello nella Sala del Concistoro; il tema degli arazzi è la vita di Cristo. Il soffitto intagliato e dorato contiene affreschi di Cherubino Alberti e Paul Bril. Nel febbraio 2013, durante una cerimonia nella Sala del Concistoro per annunciare la data della canonizzazione di tre martiri, Papa Benedetto XVI annunciò le sue dimissioni [49][50][51].
Appartamenti papali
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L'Appartamento Papale è il cuore del Palazzo Apostolico. Nel 1903 Papa Pio X decise di trasferire la sua casa al terzo e ultimo piano perché lì è più leggero. L'ex appartamento papale al primo piano è stato successivamente occupato dal Cardinale Segretario di Stato, chi è l'uomo più importante della Curia romana dopo il papa. L'ex camera da letto papale all'angolo, dove morì Papa Leone XIII nel 1903, è stata lasciata allo stato originale. L'ingresso principale all'appartamento papale è dalle logge in cima alla Scala Nobile. C'è anche un ascensore dal cortile. Sopra l'appartamento papale ci sono alcuni piccoli appartamenti per i segretari papali e le suore di casa. L'appartamento papale fu ridecorato da Papa Paolo VI nel 1964, con la decorazione e i mobili in stile barocco che lasciano il posto a interni sobri e moderni. L'ex appartamento papale al primo piano, dove oggi il Cardinale Segretario di Stato è ancora arredata in stile barocco. L'Appartamento Papale è composto da dieci stanze, tra cui un vestibolo, una sala di ricevimento, una biblioteca privata più piccola, il soggiorno e la sala da pranzo, gli ambienti di lavoro del Papa e del suo segretario privato, la camera da letto del Papa e la cappella privata papale [52][53]. Tradizionalmente, il Pontefice viveva negli Appartamenti papali, ad eccezione del periodo dal mese di luglio a quello di settembre poiché si trasferiva nella sua residenza di Castel Gandolfo, ovvero a Palazzo Pontificio [54]. I Papa Giovanni Giovanni XXIII, Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II morirono negli appartamenti papali; Paolo VI invece morì a Castel Gandolfo, mentre Benedetto XVI, Papa emerito, morì nel Monastero Mater Ecclesiae, in Vaticano. Papa Francesco, dopo la sua elezione, decise di non soggiornare negli appartamenti papali né del Palazzo Apostolico né nella dimora di Castel Gandolfo in favore di un apposito appartamento nella Domus Sanctae Marthae; l'attuale Pontefice utilizza i locali del Palazzo Apostolico unicamente per le udienze ufficiali [55].

Gli appartamenti papali sono abitualmente ristrutturati in base alle preferenze di ogni nuovo papa. Prima della ristrutturazione avvenuta nel 2005, dopo la morte di papa Giovanni Paolo II e con l'elezione di papa Benedetto XVI, gli appartamenti papali erano con "arredi antiquati e mancanza di illuminazione e grandi tamburi collocati nel contro-soffitto per catturare le perdite d'acqua". La ristrutturazione del 2005, portata avanti nei tre mesi in cui il nuovo papa si trovava nella residenza estiva di Castel Gandolfo, comprese la costruzione di una nuova biblioteca per ospitare i 20 000 libri di proprietà di papa Benedetto XVI (collocati esattamente nello stesso ordine in cui erano nella sua precedente residenza), miglioramenti al cablaggio elettrico (le vecchie prese elettriche da 125 volt, ritirate in Italia anni prima, vennero sostituite con prese da 220 volt) e idraulici (vennero installati nuovi tubi per sostituire quelli "incrostati di ruggine e calcare") [56]. Il sistema di riscaldamento venne riparato e la cucina rinnovata, secondo quanto riferito con nuovi forni, fornelli e altri apparecchi donati da un'azienda tedesca [57]. I pavimenti, che sono lastre e intarsi in marmo del XVI secolo, furono restaurati [56]. Lo studio medico ("frettolosamente installato negli alloggi papali per il sofferente Giovanni Paolo II") fu rinnovato e ampliato per includere attrezzature per le cure odontoiatriche.[57] Anche la camera papale fu completamente rifatta. La carta da parati e altri arredi furono rinnovati. Il progetto venne realizzato da oltre 200 persone tra architetti, ingegneri, tecnici e operai [56]. Papa Benedetto XVI trasferì anche diversi beni personali negli appartamenti papali, incluso un pianoforte verticale [54].
Antichi appartamenti pontifici
[modifica | modifica wikitesto]Appartamento Borgia
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Papa Alessandro VI, nato Rodrigo Borgia, fece rinnovare il corpo quattrocentesco del complesso apostolico, abbellendo sei grandi stanze aggiungendo anche una torre, poi ribassata e trasformata. I lavori di decorazione interna vennero affidati al Pinturicchio, che procedette con una notevole solerzia, grazie a un articolato gruppo di collaboratori, iniziando nell'autunno 1492 e terminando, forse già in sua assenza, nel 1494. Si trattò dell'impresa più impegnativa della carriera del pittore, un progetto artistico così vasto ed ambiziosamente unitario che non aveva precedenti nell'Italia rinascimentale, fatta eccezione per il ciclo della Cappella Sistina [58]. Il risultato fu uno scrigno di decorazioni preziose e raffinate, in cui baluginano continuamente i riflessi dell'oro su pareti e soffitti, legato al retaggio del gotico internazionale fuso con la sovrabbondanza del gusto ispano-moresco legato alle origini valenciane del committente [58]. Il programma iconografico fondeva la dottrina cristiana con continui richiami al gusto archeologico allora in voga a Roma, e fu quasi sicuramente dettato dai letterati della corte papale, quali Annio da Viterbo, maestro di Palazzo di Alessandro VI, Paolo Cortesi, successore del Platina alla Biblioteca vaticana, e forse Francesco Colonna, autore del testo ermetico Hypnerotomachia Poliphili[59].

L'opera, pur citata da Vasari, non ebbe praticamente seguito nell'arte romana del primo Cinquecento, anche per la difficile accessibilità degli ambienti[60]. Giulio II, successore di papa Alessandro, fece abbandonare l'Appartamento e fece affrescare le Stanze di Raffaello con il chiaro intento di superare l'impresa del proprio predecessore e rivale [61]. Vasari stesso riferì che alla sua epoca (prima del 1568) gli stucchi dorati erano in alcuni punti guasti. Leone X fece ridipingere una delle sale, quella "dei Pontefici", a Giovanni da Udine e Perin del Vaga [62]. Nel corso del XIX secolo l'appartamento divenne la biblioteca del cardinale Angelo Mai e il complesso decorativo, ampiamente danneggiato da infiltrazioni, venne restaurato per la prima volta tra il 1889 e il 1897 su iniziativa di Leone XIII, che affidò l'impresa al pittore preraffaellita Ludwig Seitz. Questi intervenne con estesi rifacimenti sui soffitti e sulle pareti, ricche di trompe l'oeil di "credenzini", cioè armadietti a muro con suppellettili illusoriamente aperti. In quell'occasione vennero anche restaurati i pregiati pavimenti quattrocenteschi di piastrelle in maiolica policroma, provenienti da Manises, in Spagna [62].

Nel 1897 l'Appartamento venne aperto per la prima volta al pubblico, stimolando un vivace interesse che portò a una ripresa degli studi su Pinturicchio, senza però che si giungesse a una soluzione dei problemi attributivi tuttora aperti [63]. Fritz Saxl scrisse: "Eppure non esiste forse in questo periodo nessun'altra opera in cui il paganesimo e l'orgoglio individuale abbiano potuto manifestarsi con altrettanta nettezza che nell'appartamento Borgia". Nel Novecento sono state rimosse le integrazioni pittoriche in un nuovo restauro e con l'apertura della Collezione d'Arte Religiosa Moderna le stanze furono assegnate all'esposizione di alcune opere della collezione [63], entro un allestimento recentemente rinnovato, in grado di dialogare con l'assetto quattrocentesco. L'appartamento Borgia è composta da tali stanze:
- Sala delle Sibille
- Sala del Credo
- Sala delle Arti Liberali
- Sala dei Santi
- Sala dei Misteri della Fede
- Sala Pontificia
Stanze di Raffaello
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Giulio II, pochi anni dopo l'inizio del suo pontificato, si rifiutò di utilizzare l'Appartamento Borgia, stanze legate al predecessore Alessandro VI; testimonia ciò una nota del suo cerimoniere Paride Grassi: "non volebat videre omni hora figuram Alexandri praedecessoris sui" ("non voleva vedere in ogni istante l'immagine del suo predecessore Alessandro"). Per questo scelse alcuni ambienti al secondo piano del Palazzo Apostolico nell'ala settentrionale, frutto delle ricostruzioni parziali di Niccolò V [64]. Secondo quanto testimonia Vasari questi ambienti presentavano già decorazioni quattrocentesche importanti, con alcune pareti affrescate da Piero della Francesca, Benedetto Bonfigli, Andrea del Castagno, Luca Signorelli e Bartolomeo della Gatta [64]. In un primo tempo la ridecorazione degli ambienti venne affidata a un gruppo di artisti tra cui Pietro Perugino, il Sodoma, Baldassarre Peruzzi, il Bramantino e Lorenzo Lotto[64], oltre al tedesco Johannes Ruysch, specialista nelle grottesche [65]. Perugino ad esempio lavorò alla volta della Stanza dell'Incendio nel 1508, ma il suo lavoro non piacque al papa che lo liquidò velocemente [66]. Fu probabilmente Bramante, architetto pontificio incaricato di ricostruire la Basilica vaticana, a suggerire al pontefice il suo conterraneo Raffaello Sanzio, a quell'epoca di stanza tra Firenze, l'Umbria e le Marche, reduce da un clamoroso successo con la Pala Baglioni a Perugia. Non è chiaro quando il pittore giunse a Roma: sicuramente il 21 aprile 1508 era ancora a Firenze (lettera allo zio Simone della Ciarla), mentre il 13 gennaio 1509 era già accreditato alla tesoreria pontificia per un ordine di pagamento, verosimilmente legato alla Stanza della Segnatura [64][67]. Probabilmente l'urbinate si aggiunse nel corso degli ultimi mesi del 1508 [65].


Il pontefice, soddisfatto dei primi saggi del pittore, gli affidò presto la decorazione dell'intera impresa, senza esitare a distruggere tutto il lavoro dei suoi predecessori, come testimoniò anche Vasari, salvando solo l'ambiente della Niccolina. L'incarico venne inoltre confermato da Leone X, quindi il Sanzio, coadiuvato da un cospicuo numero di aiutanti, lavorò all'impresa, stanza dopo stanza, fino alla morte nel 1520, mentre i suoi seguaci completarono la decorazione su suo disegno fino al 1524. Le Stanze vennero usate dai vari papi con poche alterazioni fino a Gregorio XIII. Durante la Repubblica Romana instaurata dai giacobini e successivamente nel periodo napoleonico, i francesi elaborarono alcuni piani per staccare gli affreschi e renderli portabili. Infatti, venne espresso il desiderio di rimuovere gli affreschi di Raffaello dalle pareti delle Stanze Vaticane e inviarli in Francia, tra gli oggetti spediti al Musee Napoleon delle spoliazioni napoleoniche [68], ma questi non vennero mai realizzati a causa delle difficoltà tecniche e i tentativi falliti e disastrosi dei francesi presso la chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma [69]. L'appartamento è diviso in tali stanze:
Cortili pontifici
[modifica | modifica wikitesto]Cortile del Belvedere
[modifica | modifica wikitesto]All'inizio del XVI secolo, Papa Giulio II della Rovere volle la costruzione del Cortile del Belvedere, affidando il lavoro al Bramante. Il cortile aveva lo scopo di collegare la residenza pontificia con un altro edificio, situato su un colle poco lontano. Si trattava della villa di Innocenzo III, detta anche Casino del Belvedere, da cui il Cortile prende il nome. Giulio non voleva più essere costretto ad uscire dalla sua residenza e salire su per il colle per arrivare al Casino. Ebbe così l’idea di collegare i due edifici con un giardino, chiuso sui lati. Essendo il terreno in salita, Bramante progettò lo spazio diviso in tre livelli, collegati da scalinate. Nel progetto, Bramante applica i principi prospettici pittorici ad un’opera architettonica e creò uno spazio stretto e lungo con punto di fuga in un’esedra sull’ultimo livello. Al posto dell’esedra verrà invece realizzato un nicchione, altrettanto scenografico. Si dice che il modello utilizzato da Bramante per la realizzazione del Cortile fu l’ippodromo romano. Sia per la caratteristica forma stretta e allungata, sia per mettersi in confronto con le grandi città del passato.

Sia Bramante che Giulio II morirono prima di veder conclusa la realizzazione del Cortile del Belvedere. Ma, anche se il progetto non fu rispettato in pieno, la struttura bramantesca influenzerà l’evoluzione del giardino all’italiana e farà da modello per studi successivi. Prima grande modifica al progetto iniziale fu fatta per volere di Papa Sisto V. Il giardino venne fatto “tagliare” da un braccio trasversale per ospitare la grande Biblioteca di Sisto V. Questo interruppe la continuità visiva del grande spazio verde ma aggiunse un qualcosa di forse ancora più prezioso. Altro braccio trasversale fu poi aggiunto anche ad inizio ‘800 per ampliare il complesso museale dei Musei Vaticani. Si tratta del cosiddetto Braccio Nuovo, progettato da Raffaele Stern in stile neoclassico. Da questo momento si vennero quindi a creare tre cortili distinti. Cortile del Belvedere, Cortile della Biblioteca e Cortile della Pigna. Quest’ultimo così chiamato per un’enorme pignone in bronzo di epoca romana al centro del giardino [70].
Cortile di San Damaso
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Il Cortile di San Damaso, da nome di Papa Damaso I, funge da cour d'honneur del Palazzo Apostolico, ovvero dove gli ospiti più importanti arrivano nel cortile, sorvegliato per l'evento dalla Guardia Svizzera Vaticana. Così il cortile di San Damaso sistemato alla sommità di quello che era il mons saccorum livellato per ampliare lo spazio innanzi al palazzo voluto da Bonifacio IX [71], è racchiuso su tre lati da tre ordini di palchi: a occidente vi è la facciata del vecchio palazzo papale abitato dal 1377, a settentrione la facciata del palazzo di Gregorio XIII e a oriente la facciata del palazzo di Sisto V, dove vi sono, ancora oggi, gli Appartamenti papali [72].
Note
[modifica | modifica wikitesto]- Annotazioni
- Fonti
- ^ Gaetano Moroni, Vol. XLIX, p. 199-segg.
- ^ Touring Club Italiano, Roma, p.189.
- ^ Gaetano Moroni, Vol. XLIX, p. 201.
- ^ Gaetano Moroni, vol L, p. 254-segg.
- ^ Alessio Celletti, 2013.
- ^ Giovanni Pietro Chattard, 1761, pp. 454-segg.
- ^ a b Palazzo Apostolico. Generale, Storia dell'edificio, Il palazzo medievale, su italiawiki.com. URL consultato il 10 marzo 2025.
- ^ (english) Visita il Palazzo Apostolico: simbolo di fede, potere e patrimonio, su https://www.vaticanmuseum-tickets.com. URL consultato il 10 marzo 2025. Lingua sconosciuta: english (aiuto)
- ^ The Apostolic Palace, su vatican.com. URL consultato il 10 marzo 2025.
- ^ G. Vasari, p. 702.
- ^ Cordini, Antonio, detto Antonio da Sangallo il Giovane, su treccani.it, Treccani, il portale del sapere. URL consultato il 22 giugno 2014.
- ^ Storia della Cappella Paolina (PDF), su mv.vatican.va, Musei Vaticani. URL consultato il 22 giugno 2014.
- ^ F. Tuena (a cura di), p. 42.
- ^ Michelàngelo Buonarroti, su treccani.it, Treccani, il portale del sapere. URL consultato il 22 giugno 2014.
- ^ Cappella Paolina, su vatican.va, Ufficio delle Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice. URL consultato il 22 giugno 2014.
- ^ Storia della Cappella Paolina (PDF), su mv.vatican.va, Musei Vaticani. URL consultato il 22 giugno 2014.
- ^ Storia della Cappella Paolina (PDF), su mv.vatican.va, Musei Vaticani. URL consultato il 22 giugno 2014.
- ^ Maurizio De Luca, Il restauro della Cappella Paolina (PDF), su mv.vatican.va, Musei Vaticani. URL consultato il 22 giugno 2014.
- ^ Sandro Magister, Riaperta al culto la Cappella Paolina. Con due novità, su chiesa.espresso.repubblica.it, chiesa.espressonline.it, 6 luglio 2009. URL consultato il 22 giugno 2014.
- ^ Pier Carlo Cuscianna, La Cappella Paolina (PDF), su mv.vatican.va, Musei Vaticani. URL consultato il 22 giugno 2014.
- ^ Vittoria Cimino, Illuminazione della Cappella Paolina (PDF), su mv.vatican.va, Musei Vaticani. URL consultato il 22 giugno 2014.
- ^ Palazzo Apostolico. Generale, Storia dell'edificio, Il palazzo medievale, su italiawiki.com. URL consultato l'11 marzo 2025.
- ^ De Vecchi, cit., pag. 7.
- ^ a b c De Vecchi-Cerchiari, cit., pag. 148.
- ^ a b De Vecchi, cit., pag. 7.
- ^ De Vecchi, cit., pag. 9.
- ^ De Vecchi-Cerchiari, cit., pag. 151.
- ^ De Vecchi-Cerchiari, cit., pag. 151.
- ^ a b c De Vecchi, cit., pag. 12.
- ^ De Vecchi-Cerchiari, cit., pag. 151.
- ^ De Vecchi, cit., pag. 13.
- ^ Articolo dal quotidiano "Il Manifesto" Archiviato il 28 febbraio 2008 in Internet Archive. sulla identificazione del Minosse nel Giudizio universale da parte di Antonio Forcellini.
- ^ Ernesto Balducci, Gandhi, Edizioni Cultura della Pace, Firenze 1988, p. 107.
- ^ Simon Jenkins, Some may jeer at the restored Sistine chapel, but..., The Times (London, England), Friday, October 16, 1992, Issue 64465, p.16.
- ^ Cappella Niccolina. URL consultato l'11 marzo 2025.
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Bibliografia
[modifica | modifica wikitesto]- Roma, Milano, Touring Editore, 2008, ISBN 978-88-365-4134-8.
- Pasqule Adinolfi, La Portica di San Pietro ossia Borgo nell'età di mezzo. Nuovo saggio topografico dato sopra pubblici e privati documenti, Roma, Lorenzo Aureli e C., 1859.
- Alessio Celletti, Autorappresentazione papale ed età della Riforma. Gli affreschi della Sala Regia vaticana (PDF), Eurostudium, 2013 (archiviato dall'url originale il 15 gennaio 2021).
- Giovanni Pietro Chattard, Nuova descrizione del Vaticano. O sia della sacrosanta basilica, vol. 2, Roma, Mainardi, 1761.
- Umberto Gnoli, Topografia e toponomastica di Roma medioevale e moderna, Roma, Staderini, 1939.
- Italo Insolera, Roma. Immagini e realtà dal X al XX secolo, Roma, Laterza, 2002.
- Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, vol. 49, Venezia, Battaggia, 1840.
- Gaetano Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, vol. 50, Venezia, Battaggia, 1840.
- Gianfranco Spagnesi, Roma Basilica di San Pietro. Il borgo e la città, Milano, Jaca Book, 2003, ISBN 978-8816406056.
- Piero Tomei, L'architettura a Roma nel Quattrocento, a cura di E. Di Stefano, Roma, Fratelli Palombi, 1978, ISBN 978-8875970703.
Voci correlate
[modifica | modifica wikitesto]- Appartamento Borgia
- Basilica di San Pietro in Vaticano
- Cappella Niccolina
- Cappella Paolina
- Cappella Redemptoris Mater
- Cappella Sistina
- Città del Vaticano
- Domenico Fontana
- Guardia svizzera pontificia
- Loggetta del cardinal Bibbiena
- Maestro del sacro palazzo apostolico
- Musei Vaticani
- Residenza papale
- Stufetta del cardinal Bibbiena
Altri progetti
[modifica | modifica wikitesto]Wikimedia Commons contiene immagini o altri file sul Palazzo Apostolico
Collegamenti esterni
[modifica | modifica wikitesto]- (EN) Vatican Palace, su Enciclopedia Britannica, Encyclopædia Britannica, Inc.
- (EN) Palazzo Apostolico, su Structurae.
Controllo di autorità | VIAF (EN) 127372153 · ISNI (EN) 0000 0001 2153 7606 · LCCN (EN) no96005760 · GND (DE) 4192363-7 · J9U (EN, HE) 987007287166205171 |
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