Sulla giustizia
Sulla giustizia | |
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Moneta ritraente Socrate | |
Autore | ignoto |
1ª ed. originale | IV secolo a.C. |
Genere | dialogo |
Sottogenere | filosofico |
Lingua originale | greco antico |
Personaggi | Socrate, un interlocutore anonimo |
Serie | Dialoghi spuri di Platone |
Sulla giustizia è un breve dialogo pseudoplatonico in cui Socrate e un interlocutore anonimo discutono attorno al tema della giustizia.
Contenuto
[modifica | modifica wikitesto]Il dialogo si apre con la domanda su cui si incentrerà l'indagine dei due interlocutori, con un incipit in medias res che richiama due dialoghi platonici oggi ritenuti spuri, l’Ipparco e il Minosse.[1] In questo caso, Socrate domanda ad un anonimo cosa sia la giustizia. Essa appare però subito un argomento ostico e difficile da definire: infatti, come è possibile distinguere un'azione giusta da una ingiusta? (373a-374a) Le stesse azioni possono talvolta essere giuste, talvolta no, in base alle situazioni; inoltre, gli uomini compiono ingiustizia volontariamente oppure no?
A quest'ultima domanda, l'interlocutore risponde affermativamente, ma Socrate sostiene il contrario. Inoltre, l'interlocutore afferma anche che giuste sono «quelle azioni che vengono fatte quand'è necessario, al momento opportuno; ingiuste quelle che si compiono fuori luogo» (375a). Da qui, Socrate porta l'interlocutore ad ammettere che chi compie azioni ingiuste deve necessariamente essere ignorante, poiché non sa come comportarsi a luogo e tempo debito, e in quanto tale agisce involontariamente.
Socrate giunge dunque alla conclusione che il malvagio compie azioni ingiuste involontariamente, dimostrando ancora una volta il suo motto secondo cui virtù e scienza coincidono.[2]
Note
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