Casa del Rilievo di Telefo

Casa del Rilievo di Telefo
L'atrio
CiviltàRomani
UtilizzoCasa
Localizzazione
StatoItalia (bandiera) Italia
ComuneErcolano
Amministrazione
PatrimonioScavi archeologici di Ercolano
EnteParco archeologico di Ercolano
Visitabile
Sito webercolano.beniculturali.it/
Mappa di localizzazione
Map

La casa del Rilievo di Telefo è una casa di epoca romana, sepolta durante l'eruzione del Vesuvio del 79 e riportata alla luce a seguito degli scavi archeologici dell'antica Ercolano: è così chiamata poiché al suo interno venne rinvenuto un altorilievo raffigurante il mito di Telefo[1].

Storia e descrizione

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Originariamente la casa del Rilievo di Telefo era unita con la casa della Gemma ed apparteneva con ogni probabilità a Marco Nonio Balbo[2]: durante dei lavori di ristrutturazione, nel periodo augusteo[3], le due abitazioni vennero divise, assumendo l'aspetto definitivo; altri lavori di restauro si resero necessari a seguito dei danni provocati dal terremoto di Pompei del 62[4]. Durante l'eruzione del Vesuvio del 79, così come il resto della città, anche la casa venne sepolta sotto una coltre di fango e fu riportata alla luce agli inizi del XX secolo a seguito degli scavi condotti da Amedeo Maiuri[5].

Il rilievo di Telefo

Con i suoi milleottocento metri quadrati, la casa è la seconda più grande di Ercolano dopo la casa dell'Albergo[1]: sorge nei pressi delle Terme Suburbane a cui è collegata tramite un accesso privato, ha un impianto irregolare, frutto dei continui ampliamenti per avvicinarsi al mare[5], e strutturata su tre livelli[4]. Superato il vestibolo, si accede all'atrio: dal tipico aspetto ellenistico, è molto simile ad un peristilio, con impluvium centrale in marmo, trasformato dopo il terremoto del 62 in un pluteo per accogliere piante[3] e due colonnati laterali, utilizzati per reggere il piano superiore: le colonne sono realizzate in mattoni ricoperte di stucco rosso, mentre le pareti hanno affreschi in terzo stile di colore giallo, anche se per effetto dei gas sviluppatisi a seguito dell'eruzione sono diventati rossi, con decorazione di elementi architettonici[5]; tra le colonne sono stati rinvenuti otto oscilla, ossia dischi in marmo sui quali sono raffigurati scene dionisiache[1]. Sull'atrio si aprono una diaeta, all'interno della quale è stato rinvenuto un altorilievo, di cui oggi è possibile osservare una copia, raffigurante il mito di Telefo, un oecus, originariamente rivestito in marmo[1], l'accesso alla stalla, che gode anche di un ingresso direttamente dalla strada e il tablino, con pavimento a mosaico bianco e doppio bordo nero e pareti in stucco giallo[5]. Un corridoio a rampa conduce al livello sottostante dove si trova il peristilio, porticato su tutti e quattro i lati con trentadue colonne in opera listata: circonda un giardino ed una piscina che conserva ancora l'intonaco di colore blu. Intorno al peristilio si aprono tre ambienti tutti pavimentati a mosaico ed al di sotto di questi, ancora da esplorare, si trovano altre stanze delle quali sono visibili solo i bordi decorati a stucco[5]. Un altro corridoio porta ad una sorta di torre, caratterizzata da più livelli, dei quali i più bassi al momento dell'eruzione erano già in disuso poiché soggetti all'azione negativa del mare: esternamente la torre è decorata da semicolonne che sorreggono archi, mentre all'interno ogni piano è suddiviso in tre o quattro camere ed in particolare, ben conservati sono sia l'ultimo piano con pavimento in marmi policromi e pareti in cipollino e africano, sia quello sottostante che presenta marmi meno pregiati in opus sectile come pavimentazione e stucchi alle pareti in rosso e bianco che tendono a riprodurre la carta da parati[5]. All'interno della casa sono state ritrovate un gran numero di statue tutte di scuola neoattica, oltre ad un sigillo in bronzo appartenente con ogni probabilità ad un servo[1]. Durante alcuni scavi condotti sulla spiaggia, dopo aver rimosso circa un metro di fango, sono venuti alla luce trenta metri quadrati di pezzi di legno non carbonizzato appartenenti all'abitazione[6]: questi dovevano far parte del tetto ed hanno conservato la loro colorazione in azzurro e rosso, oltre a mostrare segni d'incastro tra loro[7].

  1. ^ a b c d e De Vos, p. 276.
  2. ^ De Vos, pp. 275-276.
  3. ^ a b De Vos, p. 277.
  4. ^ a b La Casa del Rilievo di Telefo, su pompeiisites.org. URL consultato il 27-07-2013 (archiviato dall'url originale il 23 gennaio 2012).
  5. ^ a b c d e f Cenni sulla casa, su sites.google.com. URL consultato il 27-07-2013.
  6. ^ I ritrovamenti dei reperti lignei della Casa del Rilievo di Telefo, su ivalsa.cnr.it. URL consultato il 27-07-2013 (archiviato dall'url originale il 2 agosto 2013).
  7. ^ Ercolano: recuperato il tetto in legno della Casa del Rilievo di Telefo, su notizie.antika.it. URL consultato il 27-07-2013 (archiviato dall'url originale il 29 maggio 2013).
  • Arnold De Vos e Mariette De Vos, Pompei, Ercolano, Stabia, Roma, Editori Laterza, 1982, ISBN non esistente.

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